Scrivere di una città come
Gallipoli non è facile. Il suo
passato è ricchissimo di gloria
e di vicende che l'hanno fatta
grande nel Salento; ed essa è
stata considerata degnamente
da illustri personaggi della
storia e della scienza. Non è
facile poi soprattutto per me,
che tuttora sento profonde le
radici che mi legano a questa
città, a questo mare, a questo
porto, a queste case, a queste
strade, a questo straordinario
popolo, che qui vive da
millenni.
I legami e i ricordi di Gallipoli
sono tanti; essi spesso mi
rendono felici i sogni, serene
le passeggiate per il borgo
antico, tranquille quelle per lo
stesso aggregato urbano
moderno.
Si tratta di teneri
abbracci tra Gallipoli e il mio
corpo che mi rendono
sopportabili le fatiche
quotidiane e le inevitabili
difficoltà che la vita comunque
comporta.
È questo groviglio
di sensazioni e di sentimenti
che rende non facile il mio
descrivere Gallipoli: pensare
che qui, in questa città, nella
sua parte più antica, abbiano
vissuto autori da me tanto
amati: penso al Galateo, al
Presta, al Ravenna, all'ultimo
Ernesto Barba, poeta delicato
e fascinoso, morto solo
qualche anno in quel di
Livorno.
Ma, forse, per dirla
tutta per intero, a causa del
mio forte attaccamento a
questa città, uno come me non
dovrebbe scrivere di essa,
forse dovrei solo ascoltare gli
altri che di essa parlano o
scrivono, oppure dovrei
accontentarmi di ascoltare il
sibilo del vento che proviene
dal suo azzurrissimo mare. Ma
tant'è, la vita è anche questo:
dovere e piacere.
Il mio primo amore per
Gallipoli è legato al suo più
antico nome, Anxa appunto.
Due mila anni fa, per primo,
qui in Gallipoli, ce lo descrisse
Bartolomeo Ravenna nella sua
splendida monografia
Memorie storiche della città
di Gallipoli (1936), riportando
il passo di Plinio il Vecchio
che, nella sua Storia della
Natura, aveva scritto: «... in
ora vero Senonum Gallipolis,
quae nunc est Anxa».
Affermazione questa che ha
dato adito successivamente a
due tesi, una contrapposta
all'altra.
La prima, che si basa
su quel «Senonum» pliniano,
ed afferma che Gallipoli sia
stata fondata dai Galli Senoni,
una popolazione proveniente
dalla regione europea che noi
oggi denominiamo Francia.
La seconda tesi invece si basa
su quanto scritto da due storici
coevi a Plinio: Dionisio di
Alicarnasso, secondo il quale
l'origine di Gallipoli la si deve
ad un greco lacedemone di
nome Leucippo; l'altro storico
invece è Pomponio Mela, il
quale, nella sua opera, il De
Situ Orbis, scrive chiaramente
«Urbs Graia Kallipolis» (Città
Greca Gallipoli), dove
Kallipolis sta per Kalé Polis,
cioè Bella Città.
Il più
autorevole sostenitore di
questa seconda tesi è stato il
Galateo che, nella sua lettera
al Summonte, la Callipolis
descriptio, del 12 dicembre
1513, ha scritto: Callipolis «ha
tratto il nome dalla sua
bellezza e non senza ragione.
Fu città greca: ignoro donde
Plinio abbia appreso che qui
si fossero stanziati i Galli
Sénoni.
Questa città, invece,
non si chiama Gallipoli, ma
Callipolis come recano antichi
codici» (cfr. Galateo (a cura
di Vittorio Zacchino),
Gallipoli, Lecce 1977, p. 29).
Il gallipolino Antonello
Roccio, invece, nel suo
manoscritto del 1640, Notizie
memorabili dell'Antichità
della fedelissima Città di
Gallipoli / Con molte altre
memorabili curiosità così
antiche, come moderne, fa
riferimento anche ad un altro
nome, successivo ad Anxa,
dato dagli stessi Greci che qui
vi approdarono (si narra di
uno sbarco del cretese
Idomeneo): il nome in
questione è Eghennaza (o
Eghenanza).
Scrive il Roccio:
«Fu prima edificata da Candici
(si tratta dei cittadini di
Candia, l'antica Heraklion
cretese; il Roccio usa questo
termine perché nel periodo di
sua vita, i Veneziani
denominarono questa città
Candica) e fu chiamata
Eghennaza (o Eghenanza) che
in lingua loro significa padella
per essere questa sopra uno
scoglio fatto a modo d'una
padella, ovvero a modo di una
fessura».
Quindi solo
successivamente a questo
nome, i greci chiamarono poi
la nostra città Kallipolis. Oggi,
una lettura attenta del nome
Eghennaza (o Eghenanza),
che sta tra il più antico nome
di Anxa e quello greco di
Kallipolis, ci fa vedere che
esso è composto da due parti:
la prima "Egne" (o "Eghen"),
chiaramente termine greco, ed
“anza”, da cui è facile intuire
trattarsi di Anxa, cioè il nome
di una delle città messapiche,
che sta a dimostrare l'antica
origine di Gallipoli che, tra
l'altro, dopo le scoperte
archeologiche - fatte a suo
tempo dal compianto prof.
Giuliano Cremonesi - del sito
neolitico presso Torre Sabea,
la fanno risalire a un tempo
ben più remoto, sicuramente
all'età del bronzo, ma non
escluso che sullo "Scoglio"
grande vi siano tracce
precedenti.
Nell'Ottocento, ci fu
l'archeologo aletino Nicola
Maria Cataldi il quale,
rileggendo il testo pliniano,
ha lasciato scritto che quel
«Senonum» andava letto
come «Sasinum».
Che molto
probabilmente c'era stato un
errore di trascrizione dei
codici antichi, e cioè che i
termini latini «Sasinum» o
«Sal(entinorum)» (nomi di
località) erano stati ripresi e
trascritti dal codice pliniano
come «Senonum» per cui,
secondo l'archeologo di
Alezio, i Galli Senoni non
videro mai il Salento e che
Gallipoli era stata fondata dai
Greci.
Mi permetto qui di dire non
«fondata» - come tutti gli
storici spesso affermano -, ma
rifondata perché la città, con
il nome messapico di Anxa
appunto, preesisteva già al
primo approdo dei greci di
Creta.
Una più attenta lettura
dei termini «Senonum»,
« S a s i n u m » e
«Sal(entinorum)», mi porta a
riconsiderare una terza ipotesi
interpretativa, che per
avvalorarla occorrerebbe
andare a controllare il più
antico testo pliniano oggi
esistente al mondo, che credo
essere il Nat. Hist., Codice
Vaticano 3.11.100.
Da questo
tipo di verifica, impossibile
per me oggi, forse si potrebbe
risalire al termine in questione,
che però potrebbe essere letto
non come i termini precedenti,
ma come «Saxosum», che
significa "pietrosa, sassosa,
rocciosa, scogliosa", per cui
il testo pliniano «... Senonum
Gallipolis» diventerebbe
«Saxosum Gallipolis», che sta
per «Scogliosa (o Pietrosa,
Sassosa, Rocciosa) Gallipoli».
E forse questo spiegherebbe i
tanti interrogativi rimasti
ancora insoluti sulla
rifondazione della nostra Città.
Ma, tanto per dirne ancora
una, si guardi, ad esempio, a
Ponente, alla vicinissima
isoletta denominata ancora
oggi lo "Scoglio", che nel suo
s t e s s o t o p o n i m o
dimostrerebbe la validità di
tali ipotesi.
Comunque, il grande amore
che sento per Gallipoli
m'impone di essere verso di
essa sincero fino in fondo. Per
questo, senza alcun
infingimento, mi dichiaro
sostenitore della seconda tesi,
quella del Galateo, e cioè che
Gallipoli preesisteva come
città messapica e che solo
successivamente sia stata
rifondata dai Greci, non fosse
altro perché qui da noi, dal
tempo di Plinio ad oggi, mai
sono stati trovati insediamenti
archeologici che avessero
avuto a che fare con la storia
dei Galli Senoni.
Al contrario,
invece, sono sotto gli occhi di
tutti, e tutti i giorni, i continui
ritrovamenti che testimoniano
la presenza nel Salento dei
Greci.
Maurizio Nocera