Sotto alcuni aspetti Anxa ha fattezze, diciamo, piratesche.
Si lancia, infatti, in amorevoli arrembaggi e benefiche scorrerie in ogni campo per ottenere risveglio di coscienze e sortite di santo orgoglio.
Sentimenti, che il suo ideatore, sostenitore e direttore riversa in una fioritura di gustosi 'asterischi', scritti in punta di penna, carichi di garbo, un po' sfottenti, intercalati con proverbi popolari, impastati nell'attualità.
Questi punzecchiano, graffiano usi e costumi, vizi e manchevolezze del vivere civico, soffiando leggiadra ironia e incitamento a vincere il torpore.
Giacinto URSO
Sarasalla: il gallipolino che sa donare
Ormai tutti quanti sappiamo chi finora si sia mascherato dietro allo pseudonimo Sarasalla, che ha firmato l'ultima divertente pagina della rivista «Anxa newx». Non c'è più mistero, perché non ne ha
fatto mistero lo stesso firmatario degli asterischi che qui si pubblicano e che, guarda caso, sono in contemporanea coi 50 numeri appena festeggiati della rivista (numero di maggio/giugno 2011).
Nell'avvertenza al libro, egli si firma L. G., ma noi gallipolini sappiamo che a quelle due lettere alfabetiche appuntate corrisponde esattamente il nome di Luigi Giungato, direttore della rivista e colui che più d'ogni altro, tra i tanti che alla rivista collaborano, ha dato alla città una delle più
belle esperienze dell'ultimo decennio, appunto la rivista «Anxa news», nota ormai in ogni parte del pianeta. Tanto per far sapere a chi ancora non lo sapesse, la rivista, nata nel 2003, è letta a Pechino, New York, Copenhagen, Parigi, Valparaiso, e in molte altre città del mondo, grazie al sito informatico di cui essa dispone.
Da sempre, da secoli e secoli, nella nostra città si sono avvicendati personaggi illustri, che hanno fatto a gara per farla bella. Non per nulla proprio nel suo nome decrittiamo il sinonimo greco di bellezza. Non faccio un'esagerazione se affermo che finora chi si accinge a leggere la storia dei Messapi, della Magna Grecia, dell'epoca romana, delle origini del Cristianesimo, del Medioevo, del Rinascimento, dell'Illuminismo, del Risorgimento, dell'Unità d'Italia, del fascismo e della Resistenza partigiana, non può evitare di imbattersi in una citazione che riguarda Gallipoli. Penso ad Antonio De Ferraris, detto il Galateo che, pur nativo della vicina Galatone, qui, nella nostra città, a cavallo dei secoli XV-XVI, soggiornò ed operò, lasciandoci una delle sue più belle lettere, Callipoli descriptio, inclusa nel Liber de Situ Iapygiae e fiore all'occhiello dell'umane lettere salentine. Penso ancora ai contributi storici, scientifici e letterari dati da molte importanti e antiche famiglie gallipolitane e gallipoline come quelle degli Alemanni, Arlotta, Assanti, Auverny, Balsamo, Barba, Briganti, Buccarella, Calò, Camaldari, Cariddi, Cartenì, Castiglione, Catalano, Cataldi, Cataldini, Consiglio, Coppola, Crisigiovanni, Crispo, Cuti, d'Acugna, D'Elia, De Matteis, de Pace, De Rossi, Dolce, d'Ospina, Doxi Stracca, Elia, Fedele, Fontana, Fontò, Forcignanò, Foscarini, Franco, Franza, Frisulli, Garzya, Gorgoni, Grassi, Laviano, Liaci, Massa, Mazzarella, Mazzucj, Micetti, Mosco, Munittola, Muzio, Natali, Occhilupo, Pasca, Patitari, Perrone, Piccioli, Pirelli, Presta, Rajmondi, Ravenna, Rocci Cerasoli, Rossi, Senape, Starace, Stevens, Vernole. Ovviamente ho dimenticato qualcuno e di ciò mi scuso, ma questi, più o meno, sono i nomi delle famiglie al cui interno è possibile distinguere quando uno quando più personaggi che, nei secoli, hanno dato lustro a Gallipoli.
Tra costoro, secondo me, c'è anche il nostro Sarasalla, alias quello che ormai sappiamo essere, il quale, introducendo questi asterischi, scrive che «lungo via Giuseppe Ribera, viveva lu 'Ntunuccio Sarasalla, un mite e saggio pescatore, dalla voce roca e bassa, che risultava poco gradevole alle orecchie della gente». Egli ricorda altresì che, quand'era ragazzino, ammirava molto «quest'uomo che parlava con grande confidenza solo con il mare» e per di più lo stimava perché lo esortava a studiare e perché diceva «a tutti che bisogna amare la nostra Città».
Ecco il punto nodale di questa storia sarasalliana: l'amore per la città. Per la nostra città. Per Gallipoli. Ebbene, in questi ultimi dieci anni di attività culturale a Gallipoli, sfido chiunque a trovare qualcun altro che abbia dimostrato tanto amore e tanto affetto quanto ne ha profuso il direttore della rivista «Anxa news» per la «città bella», espressione da lui usata praticamente in tutti gli asterischi. Tra tutti i collaboratori della rivista, Sarasalla è quello che più di ogni altro ha tenuto e tiene fede alle finalità dell'associazione Anxa, e cioè: «la solidarietà sociale mediante la messa in valore e la diffusione della memoria storica della nostra città preservandone la carica culturale a vantaggio del progresso morale, civile, economico-sociale dei nostri Concittadini».
Altro aspetto importante: le sue critiche agli Amministratori non sono mai offensive anzi, al contrario, egli scrive i suoi asterischi sotto forma di pacata ironia per dir loro che è sempre possibile fare meglio, fare di più e con più coscienza il difficile ruolo dell'amministratore.
Rileggendo queste pagine, ci si rende subito conto della particolare attenzione che egli pone al centro dei suoi interventi: allertare gli Amministratori su alcuni problemi non ancora risolti o che sfuggono all'attenzione degli stessi. Sarasalla, come un buon padre di famiglia, che tiene alle buone condizioni della propria dimora, perché in essa vive lui, la moglie e i figli, e che, di tanto in tanto, va a trovarlo anche qualche ospite, si preoccupa di tenere la casa pulita e ordinata, così vorrebbe che fosse anche la sua città, pulita, ordinata, accogliente. Ed ecco allora il motivo assillante, che lo costringe a porre all'attenzione di tutti, soprattutto degli Amministratori, gli annosi problemi che affliggono la città come, ad esempio, quelli non risolti dell'antico Castello e dell'annesso ex Mercato, quelli della mal gestione dei bidoni dei rifiuti, quelli della mancata o dell'ancora insufficiente raccolta differenziata, quelli delle non buone condizioni delle mura della città, per arrivare a mettere in evidenza l'insufficiente gestione dei parchi pubblici, l'abbandono degli anziani, l'insufficiente manutenzione del Centro storico, altri problemi ancora; infine, dulcis in fundo, il problema dei problemi, l'assenza di presa di coscienza degli Amministratori in quanto a tenuta dei bagni pubblici della città. Per l'autore degli asterischi, questo è il problema dei problemi, tanto da parlarne in quasi tutte le pagine. Chi può dargli torto?
L. G., cioè Luigi Giungato, cioè novello Sarasalla, quando scrive dell'ultimo problema, si pone dal punto di vista del visitatore (turista o commesso viaggiatore che sia) che viene a Gallipoli. Egli lo vede come l'ospite che va in casa sua; e d'altronde è anche quanto accade a tutti noi quando abbiamo un ospite gradito che ci viene a trovare. Cosa facciamo? Lo riceviamo in una casa disordinata, senza bagno e senza sedie dove farlo sedere? Oppure cerchiamo di rendere la nostra casa accogliente e quanto più presentabile possibile per farlo stare bene e ricevere per ciò i suoi complimenti? L'antica e alta civiltà dei gallipolini è stata sempre quella di ricevere l'ospite con grande e affabile accoglienza. E a questo mirano gli ironici asterischi del nostro autore: cercare di allertare l'attenzione degli Amministratori, indipendentemente dal loro colore politico [essere civili non è questione di colore politico] per cercare di risolvere il problema. Se essi facessero ciò, di sicuro renderebbero felice il nostro Sarasalla il quale, finalmente, si sentirebbe bene proprio come quell'anonimo turista che, tenendo da fare quel che ha da fare, trova immediatamente e ad ogni considerevole punto della città, il luogo giusto per il giusto bisogno.
Ovviamente Sarasalla, cioè Luigi Giungato, cioè L. G., non pone solo questo problema, in quanto ne cita molti altri e, per la verità, sa già che qualcuno di essi è stato pure risolto o è in via di soluzione, ma sa pure che altri problemi incombono all'orizzonte. In fondo, egli è un buon uomo, proprio come quel Sarasalla di un tempo che fu. Di fatto, tutti noi sappiamo che egli non chiede poi tanto: solo un po' di amore in più, di rispetto in più, di attenzione in più, di stima in più per la propria città, la nostra città, la «città bella» come la chiama lui, Gallipoli.
Lunga vita a Sarasalla.
Maurizio NOCERA
Lu Ntunucciu Sarasalla te la 'Curte te Sant'Antoni'
Nella Corte Sant'Antonio, nel centro storico della bella città, lungo via Giuseppe Ribera, viveva lu Ntunucciu Sarasalla, un mite e saggio pescatore, dalla voce roca e bassa, che risultava poco gradevole alle orecchie della gente.
Quello non era il suo vero nome, era la sua ngiuria, ma solo così era conosciuto da tutti. Molto appartato e solitario, quando non era sulla sua barca, viveva quasi come un estraneo la vita te la curte, perché curava soltanto le reti e preparava l'occorrente per il lavoro. Silenzioso, parlava poco ma osservava attentamente tutto ciò che gli accadeva intorno, dando un personale giudizio, a volte sibillino, ma pieno di saggezza.
La sua casa era all'inizio della curte e si sviluppava su due piani con il terrazzo adibito a deposito e magazzino per gli arredi della barca.
Da ragazzino, ho ammirato quest'uomo che parlava con grande confidenza solo con il mare e superava le difficoltà della vita con rassegnazione e con il sorriso.
Non odiava nessuno, era contento della sua vita e dava consigli agli abitanti della sua curte.
La Chiesa te la curte, molto antica, dedicata a Sant'Antonio Abate, purtroppo ora non c'è più essendo stata demolita nel 1940 , perché pericolante ed in grave stato di abbandono. Nel XVI ° secolo il Vescovo di Gallipoli Mons. Pelegro Cybo, (1536/ 1575), durante la sua seconda visita pastorale, svolta dal 1563 al 1567, il giorno 6 novembre del 1567, alle pagg.52/53, così descrisse la Cappella:
«La Cappella, dedicata a Sant'Antonio de Curreturis, era composta di tre altari e sedili in legno tutt'intorno con il tetto coperto da travi di legno ed il pavimento di lastricato, retta dalla Confraternita di Sant'Antonio Abate il cui Priore è Bernardino Giustizieri. L'altare maggiore era intitolato alla SS. Trinità, quello a destra a Sant'Antonio con figura dipinta ed il terzo dedicato a Sant'Antonio di Padova e a S. Lucia. C'erano altre figure dipinte di Santi.»
Altri Vescovi durante le loro visite pastorali hanno descritto la Cappella: Mons. Vincenzo Capece, dell'Ordine dei Teatini, che resse la Diocesi di Gallipoli dal 1596 al 1621, la ritrovò nell'anno 1600 retta dal Priore Maestro Giacomo Antonio Cantalupo, con un solo altare con l'immagine di Sant'Antonio di “Bienna”, dipinto da GianDomenico Catalano; Mons. Montoya la visitò nel 1660.
Nel 1714 la Cappella risultava sprovvista di beni e redditi, eccettuati alcuni maiali che per devozione erano offerti a Sant'Antonio ed erano contrassegnati con incisione ad un orecchio, nonché scarsi proventi dal pagamento dei funerali ai quali era talvolta chiamata a partecipare la Confraternita che, secondo il Montoya indossava l'abito confraternale: utitur saccis ex tela albi coloris, cum cappuccio ex tela nigri coloris. Anche il Vescovo Filomarini descrisse così l'abito confraternale: «induunt saccum ex tela albi coloris cum cappuccio ex tela nigri coloris».
Il quadro di Sant'Antonio Abate destinato al Museo civico comunale fu ceduto nel 1949, su richiesta del Parroco don Vincenzo Liaci, alla Chiesa di San Francesco d'Assisi.
In quel salotto storico, nella Curte te Sant'Antoni te lu focu, abitavano: la Matirde e l'Acatuccia Sciaquana, la Maria te le schole, la Nunziata Poppata, lu Ntoni Patita, Mesciu Pici de Vittoriu, lu Ngiorgi Malampu, le Focularene, lu Ttianu Izzu, la Vata Neneana, la Vata Izzana, Mesciu Ronzu Pirogna, la Mescia Lezzi, la Nena te Procita (nonnama), la Sara lupana, la Chiara pitteddhana, lu Ntunucciu Sarasalla.
Dalla finestra di casa mia, quando ero intento a fare i compiti, lo vedevo salire e scendere dal terrazzo con le reti sulle spalle e lui, sorridendo, mi esortava a fare bene tutti i compiti. Quel vecchio sorrideva sempre, così, con un sorriso, vorrei ricordare a tutti che bisogna amare la nostra Città.
Perciò ho scelto di firmare gli Asterischi con lo pseudonimo di Sarasalla.
L. G.