La "Gallipoli marinara" del dott. Oronzo Manicone

Dopo la trattazione sui pesci e sulle conchiglie, Oronzo Manicone chiude la trilogia sul mare presentandoci "Gallipoli marinara".
Molteplici le finestre tematiche ad illuminare la curiosità di conoscenza e sollecitare la fantasia, tra una ricchezza di notizie e informazioni, che sono proprie del bagaglio culturale dell'autore.
È l'ultima di tante brillanti pubblicazioni, puntualmente collocate nel filone di storia locale: studi attinenti comunque alla nostra civiltà marinara, estranea a Manicone. Originario dell'antica terra di Lucania, è figlio di gente a noi affine per storia e cultura, per riti e tradizioni popolari.
Lasciò la città dei Sassi e la sua regione, "un posto scordato da Cristo" , per approdare felicemente nel 1969 su quest'isola della luce, su questi lidi estranei, a seguire le rondini che trasmigrano d'autunno (come nei versi di Rocco Scotellaro):

"Trasvolano le rondini
i mari e i deserti,
a una dimora certa
lontana tendono,
all'orizzonte forse,
dove sempre il sole
cade di sera."

"Venire a Gallipoli e sottrarsi al fascino dei suoi scorci d'incomparabile bellezza è impossibile. Subito una malìa ti perseguita ostinatamente, ti avvince e ti domina" scrisse Manicone nei suoi "Pensieri". E s'innamorò della Perla dello Ionio che lo assorbì sino alle midolla, in una sincera e duratura simbiosi affettiva. Ma nelle more del suo quotidiano impegno professionale non disdegnò di dedicarsi alla passione letteraria, quale studioso serio e scrupoloso.
"Gallipoli marinara" può ritenersi un'opera antologica mono-tematica, costituita di quattro capitoli.
A premessa viene descritta l'antica Gallipoli dei pescatori: luoghi, figure e volti caratteristici di un tempo, le pratiche marinaresche e relativo lessico, il microcosmo delle case a corte, là dove ancora risuonano gli echi lontani di dolci nenie e melodiose serenate tra paure ancestrali e devozioni secolari, che sopravvivono tra usi e costumi della vita di mare.
A seguire, è trattata l'attività peschereccia, le sue tecniche, la pesca classica e sofisticata, la tonnara, rivisitata quasi con spirito nostalgico.
Dopo i primi due capitoli si aprono i banchi del mercato ittico con la fauna edule marina: dai pesci ai mammiferi, dai molluschi ai rettili. Indubbiamente è il pezzo forte del libro. La parte centrale che qualifica l'intera opera per un fatto meramente scientifico.
Ma la scienza è operazione culturale che non può non essere divulgata, a determinate condizioni, specie quando è l'intima essenza di un popolo, la sua eredità.
Il terzo capitolo contiene la nomenclatura dettagliata dell'ittiofauna, analizzata con gli occhi del naturalista appassionato, dello storico romanticamente innamorato della sua patria d'elezione e d'adozione. Manicone appartiene a buon diritto ad entrambe le categorie, in quanto scrittore illuminato, cultore di storia patria e attento osservatore della natura e della realtà che ci circonda.
Tutte le specie sono trattate con dovizia di particolari: dalla classificazione sistematica alla definizione scientifica e convenzionale, dalla denominazione gergale all'analisi etimologica, dalla caratterizzazione peculiare alla mera curiosità folklorica per sconfinare nel campo specifico della storia e dei costumi di ogni civiltà.
L'ultimo capitolo è inizialmente dedicato a suggerire utili insegnamenti, con consigli di varia natura per consumatori e per studiosi della materia così delicata.
Chiude una nutrita e dotta “Appendice” che ci ragguaglia sul rapporto esistente tra il mondo marino e le religioni, intese persino come false credenze popolari; poi seguono dei paragrafi relativi all'influenza del mare nell'arte e nella letteratura, nella storia e nelle leggende; infine una teoria di aneddoti e riferimenti storici, proverbi e modi di dire, non senza l'inevitabile ricorso ad una serie di dotte citazioni classiche, che confermano quanto sia radicata nel nostro autore la sensibilità alla scoperta, ma pure la passione per la ricerca insieme all'amore per la cultura storica e umanistica.
Proprio l'esordio dell'ultima parte dell'opera si rivela trasparente del suo postulato: "L'acqua e le sue creature hanno rappresentato sempre presso i popoli antichi l'idea della fecondità e della nascita. Non a caso la mitologia greca vede Afrodite, dea dell'amore, nascere dalla spuma dei flutti marini."
Inizia quindi un'altra serie di illuminanti citazioni tratte dalla storia, dal mito, dalla letteratura classica, inerenti il rapporto con il mare e i suoi abitanti. Interessanti i passaggi sulla civiltà degli Egizi, dei Fenici, non escluse varie filosofie orientali. Non meno importante l'accenno sia alle religioni (ebraica, cristiana, indiana, pagana), sia alle antiche superstizioni o alle credenze locali ed esotiche.
Quanto all'influenza artistico letteraria così si esprime l'autore:
"Fin dai tempi più antichi le arti figurative e la letteratura hanno tratto ispirazione dal mare, dalle creature che lo abitano e dalle attività umane loro connesse".
Si fa menzione della ricca produzione micenea, cretese, etrusca, pompeiana (iconografia musiva e vascolare a figure di vita marinara).
Con meticolosa indagine retrospettiva Manicone ripassa ancora l'interesse di alcuni poeti che hanno cantato la vita marinara da Omero a Leonida di Taranto, Ovidio, Smirneo, Marziale , Giovenale, Esopo, Apicio, Aristotele, Senocrate, Ateneo, Plinio il Vecchio, Svetonio, Galeno.
Con sottile arguzia narrativa e prima di chiudere con la serie di "Miscellanea", veniamo poi a conoscere alcune leggende tipiche della storia, che vedono protagonisti Eschilo, Apollodoro, ma anche interessati popoli come i Fenici (noti per la porpora tratta dai murici), oppure i Romani, di cui viene descritto nei dettagli l'antico mercato ittico traianeo.
Accattivante è infine la serie di aneddoti storici, debitamente attestati, relativi ad Alessandro Magno, Platone, Domiziano, Vitellio, il Saladino, don Giovanni d'Austria, papa Martino IV, Talleyrand, Rabelais, Dumas, Roosevelt, Shaw, figure storiche in varia misura interessate al problema naturalistico e, in particolare, alla civiltà del mare.

Gino Schirosi