Le due trascrizioni conosciute del "Libro Rosso" di Gallipoli non contengono tutti quei documenti relativi alla cessione della terra di Parabita alla fedelissima città, se non un decreto della regia Camera della Sommaria del 3 dicembre 1528 relativo all'osservanza di una provvisione, integralmente trascritta, del viceré Filiberto di Chalons, principe d'Orange, emessa da Napoli il 23 novembre di quello stesso anno. Non si ritrova invece l'atto di possesso di detta terra emesso in regia Udienza di Lecce da Alfonso Castriota, marchese della Tripalda e Preside delle Province di terra d'Otranto e di Bari.
Una vicenda questa sorta in occasione della devastante invasione francese, che non pochi lutti e danni aveva provocato al territorio gallipolino, frequentemente minacciato da quelle armate che, acquartierate in Parabita, non si ponevano scrupoli nel razziare il bestiame e nel distruggere gli oliveti ed i giardini.
Questa la felice sintesi che ne fa il Micetti nel suo manoscritto (Micetti ff.363.r.-363v.).:
Detto marchese... concedette detta terra all'università di Gallipoli acciò dall'entrate della medesima l'havesse potuto ricompensare li danni patiti et si fortiflcasse di anno in anno la città avendo fatto acquisto di questa terra con 600 ben armati moschettieri gallipolitani sotto la condotta di d. Pirro Castriota nipote di detto marchese per reprimere l'orgoglio francese et impedir quanto potevano che non li dannificassero li Cappelletti, nel territorio di detta città detto all'hora pergolaci, venuti alle mani li disfecero tutti con grandissima mortalità et prigionia de' medesimi.
Valore e fedeltà dei gallipolini erano stati già in precedenza esaltati ed onorati con regali, grazie e privilegi, soprattutto ad opera degli Aragonesi, ed il Gran Capitano Consalvo di Cordova aveva sperimentato di persona l'animo altero e sprezzante dei gallipolini, riconoscendo la nobiltà dei sentimenti di devota e filiale lealtà, del governo e del popolo gallipolino, nei confronti dei reali di Napoli.
Trascorsi che avevano non solo affrancato definitivamente la città da ogni infeudazione, ma che le avevano ritagliato una consistente fetta di autonomia amministrativa e fiscale, un margine maggiore di esenzioni da pesi fiscali e l'esonero da imposizioni ordinarie e straordinarie.
I fatti relativi all'invasione francese del regno sono ben noti e non starò io qui a ripeterli, preferendo lasciar parlare quegli scampoli di documenti che, parzialmente ricompresi nel Libro Rosso, si integrano con le copie contenute nelle Notizie del Roccio, opera posseduta dalla Biblioteca comunale di Gallipoli, e che furono riprese a metà settecento dal parroco Occhilupo, trascrivendone l'originale manoscritto, ampliandolo con minute annotazioni e dotandolo di preziosi riferimenti al tempo suo e alle vicende della città.
Il capitolo relativo alla concessione della terra di Parabita è inserito nel privilegio del principe d'Orange del 23 novembre 1528 ed è integralmente trascritto nella osservatoria emessa dalla Regia Camera della Sommaria il 3 dicembre 1528.
1528, 3 dicembre, Napoli:
La Sommaria ordina l'osservanza del trascritto privilegio del viceré principe d'Orange, emanato da Napoli il 1528, novembre 23, con il quale approva numerosi capitoli a favore dell'università di Gallipoli, per ricompensarla dei danni e dei lutti subìti in conseguenza dell'invasione francese, tra cui la concessione di trecento ducati annui sulle entrate della terra di Parabita, da impiegare alla riparazione delle fortificazioni cittadine. (Cfr. Trascrizioni in: ASL, f. 76-79t., BCG, f. 205-17 I; Roccio, p. *71.73; Occhilupo, f. *8v.-9r. *Solo capitolo della concessione dei 300 ducati sulle entrate della terra di Parabita):
Item, che per quattro volte che questo regno è stato invaso da Francesi questa città jèdelissima sempre è stata firma in sua fidelità et assediata da inimici et in grandissima manera damnificata da possessione, bestiame et gente et par evidentemente che Parabbita terra del signor Conte d'Ugento sia stata causa di tutto il male di detta città per esserli vicina a septe, octo miglia et contigua a' suo territorio et è sempre stata seggio et recepito dall'inimici venuti per lo assedio di detta città, donde se ritrova molto lesa et dannificata questa città et per questo alla sortita hanno fatto nostri cittadini alla campagna con lo predetto signor Marchese hanno pigliato detta terra di Parabita stando lo prefato signor conte con le bandiere di Francia e per questa università si tiene in virtù di un conservatorio fatto per lo prefato signor marchese e sua Audientia, salvo il beneplacito di VI.S. per li boni serviti] di detta università con tutti li renditi, proventi, jurisdizioni e prerogative, con le quali la teneva detto signor conte e suoi burgensatici. Per questo supplica detta università umilmente VLS. si degni prestarci suo assenso e beneplacito e confermare detta terra con l'entrade della quale si possa essa università avalere, fortificare la città e ponere in difensa de tutte quelle che s'ha visto in questo assedio che have di bisogno in servitio et stato di Sua Imperial Maestà et honore di detta città.
Placet concedere dicte universitari ad beneplacitum Cesareae Majestatis trigintos ducatos annuos super introitibus dictae terrae Parabitae qui debeant servire fortificazioni ipsius civitatis, cum clausula quod possint capere unum membrum baroniae redditus predictorum dictorum ducatorum trigentorum, taliter quod hautoritate proprie possint eos exigere.
Tale passo del documento vicereale riportato dal Roccio, è ripreso dall'Occhilupo, che annota (Cfr. Roccio, p. 73-74; Occhilupo, ff. 9r.-9v.):
Si trova per questo un libro d'introito ed esito in detto anno 1528 de tutte l'entrate e rendite della detta terra di Parabita pervenuta in potere di Geronimo Perello depositano in detto anno dell'università di Gallipoli, la quale avendo mandato Benedetto Mazzuci per castellano del castello di detta terra per guardia di esso con venti altri cittadini per compagni salariati della città, si vede in detto libro che furono pagati per loro salario, cioè al castellano ducati tre il mese ed alli compagni canini venti il mese e sipnincipiò il pagamento dalle Otto di settembre per tutto dicembre seguente del detto anno.
Fu anco mandato dalla città per capitano della detta terra di Parabita il signor Matteo Musurò e che habbia pensiero di fare l'acre all'olive e di farle poi cogliere e di mnacenarle e di far esigere dell'erario l'entrade predette in nome della città e renderne conto. Si vede anco in detto libro d'introito et exito che l'università faceva diverse spese, così per lo cogliere dell'olive come per farle mettere in ordine de legnami, conzi et altre cose necessarie e de pagare la provisione del Castellano e compagni ed altre occorrenze etc. E si vede in detto libro esserne pervenute stara 1350 d'ogli, oltre li grani, orgi, fave, ciceri, amendole ed altri legumi e l'ogli si vendettero a carlini tre e mezzo lo staro ed a grana trentasei.
Si trova poi che l'università fu privata della sopradetta concessione dal cardinal Colonna possessore del detto stato di Uggento in tempo del 1529 che fu viceré in questo regno e locotenente della cesarea maestà.
Mai in precedenza un Viceré aveva rinnegato le grazie concesse alla città che, piuttosto, venivano accresciute ed ampliati i benefici, come lo stesso marchese della Tripalda afferma nell'ordine impartito ai suoi sudditi il 7 settembre 1531 (Cfr. ASL, 164v. ma Galatone e non Gaeta; ASG, 127-128, ma con data 17 settembre. Stessa data riportano Micetti, Occhilupo e Roccio):
La fedelissima città di Gallipoli, la quale certo non meno che in altre guerre passate usò quella fedeltà che doveva et li conveniva peri/che ogn 'uno è obbligato non solamente osservarli et farli osservare loro privilegi, ma possendo augumentarli.
Ma non fu questione chiusa e si attesero tempi migliori, che parvero opportuni subito dopo la morte del cardinale Colonna avvenuta il 28 giugno 1532, si presuppone con resa di grazie al Signore da parte del sornione governo cittadino, con la nomina a Viceré e Luogotenente generale del regno di don Pedro Alvarez de Toledo, marchese di Villafranca.
Ne è testimonianza l'hortatoria rimessa a Napoli nel 1533 e trascritta dal Roccio, anche se per l'occasione l'Occhilupo ci tramanda una versione più completa e precisa (Cfr. Roccio, pp. 75-76; Occhilupo, ff. 9v-lOv.):
Item, perché nella rebellione ed invasione del regno detta città di Gallipoli non solo fece la sua solita fedeltà ad nostra Cesarea Maestà in conservare sotto lo cesareo vexillo ma ancora non curando de popoli il pericolo e morte de suoi cittadini, si cacciarono in campagna da seicento persone con lo sig. Marchese della Tripalda Governatore illo tunc della Provincia alla difesa, dimodoche con animo grande sotto lo detto vexillo fugarono l'inimici di quella e fecero ridurre detta Provincia alla divotione Cesarea non senza gran perdita de' robbe, intrade ed omini di detta città, per il che il quondam principe d'Oranges Locotenente di VM. Cesarea avendo visto e considerato tali e tanti serviggi e danni eccessivi passi in servitio di V. M., donò e fece gratia d'essa città de ducati trecento l'anno sopra l'intrade della terra di Parabita, terra del Conte di Ugento, in parte e compenso de detti servitzl secondo appare per suoi pnivileggij ed avendone essa città percepito la possessione de detta grazzia due anni continui, circa ducati cinquecento e quelli dispesi in fabbriche e reparatione di mura. Accidit che lo quondam R.mo cardinale Colonna come locotennete di V.M. Cesarea in questo regno, possessore del detto contado d'Ugento e terra di Parabita, ne privò de detta grazzia e tolse detti ducati trecento e peggio ne fè restituire contra la volontà de cittadini de detta città tutto quello se n'avea percepito con pagarence ancora l'interesse non senza grande danno e scorno di essa città ed affronto de detto ill.mo principe concessore de detta gratia, de maniera che cessò de detta fabbrica. Pertanto se supplica alla M.V. Cesarea, dummodo che l'università d'essa città habbia li detti ducati trecento e quelli spendere alle fabbriche e reparatione di Mura ed a compire un pontone pnincipiato per reparatione de dette mura cum sit che ogn'anno li venti e mare ne ruinano gran parte, tanto più che senza aiutorio di V.M., le forze di detta città ed università non abastano mantenere detto pontone dopo fatto e reparato a tante ruine.
Dello stesso tenore è l'annotazione contenuta nella memoria del Micetti che così si esprime (f.367v.):
Era stata in pacifico possesso la città di Gallipoli della Terra di Parabita per lo spatio di due ann4 governando il regno i/principe d'Oranges, quando poi nefu spogliata dal cardinal Colonna, perché lui era possessore del contado d'Ugento e terra di Parabita per la morte del rebelle Francesco de/Balzo, come si vede da una supplica che fa la città nel 1533, lamentandosi alla M. dell'Imperadore del mal procedere di detto cardinale, che l'Imperatore poi consolò in altra maniera.
(L'ostentato e soddisfatto riferimento, evidentemente, è alla sostituzione del Colonna con il Viceré de Toledo, a causa delle forti proteste venute da tutte le città del regno contro il suo governo, evidenziate tra l'altro in due relazioni, compilate per incarico dell'imperatore, dal vescovo di Burgos Innigo Lopez e dal magistrato del regio Consiglio Jacobo de Quadra).
Ma la conclusione fu deludente e non andò oltre ad una diplomatica quanto inefficace risoluzione, che il viceré, cioè, avrebbe assunto informazione.
note:
ASL = Archivio di Stato di Lecce
ASG = Archivio Storico comunale Gallipoli
Elio PINDINELLI