Chiusa in una pesante gabbia di ferro la "Fontana greca" è sottratta alla vista ed all'ammirazione dei turisti e dei visitatori da oltre tre anni e cioè da quando, il 14 marzo del 2003, l'Amministrazione comunale firmò la convenzione con la Società Rankover di Zinella (Verona) per l'esecuzione dei 'Lavori di restauro della Fontana Greca'.
Forse i lavori di restauro sono stati sospesi per mancanza di fondi, forse non si sa bene come procedere, probabilmente tutte e due le ipotesi sono vere; sarebbe opportuno conoscere come effettivamente stanno le cose.
L'antica fontana gallipolina, famosa in tutto il mondo come l'immagine della "città-bella", giace nelle tenebre più fitte e già in molti presagiscono la fine irreversibile del prezioso monumento.
In questa situazione di abbandono e degrado essa non riesce a trasmettere alcun messaggio culturale al visitatore. E pensare che l'intervento voluto ed avviato con saggezza e generale approvazione dalla passata Amministrazione faceva prevedere un ritorno prossimo all'antico splendore.
Come andranno a concludersi queste penose vicende? Sarà argomento d'interesse cittadino da dibattere in pubblica seduta del Consiglio comunale?
La nostra fontana, nei secoli, è stata oggetto di continue e dotte analisi sulla sua origine, sulla sua espressione artistica, sulla sua stessa denominazione.
E' stata , di volta in volta, chiamata: 'la fontana greca', 'la fontana più antica d'Italia', 'la vecchia fontana'!
I due frontoni, così differenti e molto incongruenti, ne fanno un monumento singolare, oggetto di contrastanti considerazioni tra l'inutilità della permanenza nell'attuale ubicazione e la preziosità del discorso artistico da conservare con assoluto rispetto; tra la lettura della classicità da esaltare e far conoscere sempre meglio e il modesto messaggio rinascimentale di non facile comprensione.
E' venuto il tempo di fare chiarezza, oltre le opinioni diffuse, sia sulla sua originalità sia su i vari periodi di realizzazione dei bassorilievi scultorei. Lo stato molto precario del manufatto, inoltre, impone decisioni urgenti per la sua stessa sopravvivenza.
Ora si dispone di metodologie e tecniche avanzate per descrivere analiticamente un monumento, dando risposte più certe alle ipotesi, a volte fantastiche, avanzate nel passato.
Sulla collocazione originaria della fontana alcuni hanno sostenuto che inizialmente si trovasse nella zona delle 'Fontanelle' o in quella delle 'Cenate', altri hanno scritto che, invece, è stata sempre nel luogo in cui si trova adesso. Si è affermato che fosse di epoca classica nella maggior parte delle sculture, assemblate poi nel XVI secolo con l'aggiunta di quelle parti relative alla base ed al frontone.
Sembra avere più credibilità l'opinione che la fontana fosse stata collocata nel posto in cui è tuttora nella seconda metà del 1500 e che si fosse proceduto ad una composizione unitaria di blocchi decorati di diversa provenienza, frammenti di pietra dura di Corinto dell'antichissima fontana quelli inferiori, come le figure supine e i bacini, mentre gli altorilievi superiori e le cariatidi sarebbero stati eseguiti in pietra leccese all'epoca della realizzazione del manufatto attuale.
Pezzi diversi montati in una stessa opera che ha acquisito un'unità figurativa di opera d'arte della quale, purtroppo, non si conosce il nome dell'artista che l'ha realizzata. Le sculture sviluppano un discorso culturale che si riferisce a storie differenti: quello dell'architrave riproduce le fatiche di Ercole mentre le tre raffigurazioni mitologiche descrivono le storie di Dirce, Salmace e Biblide.
Il degrado superficiale della fontana può dipendere dal fatto che i blocchi hanno subito una serie di traumi dovuti alle operazioni di smontaggio, di trasporto e rimontaggio ed alle mutilazioni inferte perchè, "il pudore degli abitanti non potè tollerare l'osceno atteggiamento in cui erano".
Lo stato in cui si trova non offre con compiutezza l'immagine della sua storia e l'idea del ripristino è da considerare con cura e profondo studio; sarebbe opportuno un confronto di opinioni sul futuro di questo monumento che tanto interesse ha riscosso nei secoli passati.
E' sembrato strano che una personalità come il Galateo nella sua 'Descriptio Callipolis' non avesse trovato occasione per descriverlo minuziosamente essendo così importante per la città di Gallipoli. Egli scrive soltanto che: ' ..alla distanza di circa seicento passi dalla Città vi è una fonte non naturale ma realizzata artificialmente con tecnica mirabile (mira arte fabrefactus).' A giustificazione si è opinato che egli ha riservato tutte le pagine più importanti delle sue opere per raccontare gli aspetti significativi della vita e dei costumi degli abitanti piuttosto che per descrivere i monumenti.
Altri all'inizio del secolo scorso hanno affermato che 'si pretese con molto ardore dagli scrittori di cose archeologiche che questa fontana fosse un rimasuglio della classicità ellenica: però al lume della critica storica l'asserzione non regge e con molto fondamento si può dichiarare che la sua origine non risale oltre il XVI secolo'.
Molti uomini di cultura ed artisti famosi lo hanno descritto o illustrato; ricordiamo il Crispo, il Catalano, il Des Prèz ed il famoso medico ed umanista Giacomo Lazzari che nel 1628, con testamento, creò un legato in denaro perché il monumento venisse restaurato e possibilmente trasferito nel centro storico. In quegli anni si ricordano vari interventi dell'Università per riparare i danni che la fontana subiva a causa dell'asportazione della terra intorno per costruire il terrapieno del Rivellino.
Il Sindaco Angelo Patitari il 9 marzo del 1635 si rivolse agli Eletti dicendo:"Signori miei sanno le Signorie Vostre di quanta importanza sia la nostra fontana per benefitio comune, però è necessario lo sappiamo come il parete della fontana vecchia ha bisogno di riparo per non perdersi l'acqua. Per questo le Signorie loro determineranno quel che conviene farsi per la riparatione d'esso".
Trenta anni dopo, il 27 luglio 1664, il Sindaco Giuseppe Venneri interveniva per trovare il denaro necessario per riparare i danni che di nuovo aveva subito la fontana:"Signori miei, sanno le Signorie Vostre che la fontana già è persa se non si ripara o in tutto o in parte. Si perde la più degna gioia che si ritrova non dico in questa provincia ma quasi in tutto il Regno; oltre la comodità che vengono di perdere li nostri concittadini che si morirebbino tutti della sete.Per riparare l'acconcio di detta fontana si levasse la provisione di ottanta ducati con li quali si può in una buona parte reparare".
Bartolomeo Ravenna nelle sue 'Memorie istoriche della Città di Gallipoli'inizia così il decimo capitolo dedicato alla Fontana:"La fontana di Gallipoli è un bel monumento della sua rimota antichità. Nella medesima è da rimarcarsi non solo l'avvedutezza dei nostri maggiori, provvedendo di acque dolci e perenni una Città che giace in mare, ma benanche la somma perizia di chi seppe architettare un'opera da sussistere in tutte l'età".
Riecheggiando le ipotesi del Ravenna, Pietro Maisen nella sua 'Storia della Città di Gallipoli' scrive che "La città di Gallipoli essendo interamente circondata dal mare, sarebbe stata esposta a soffrire gran penuria di acque dolci se l'arte non vi avesse supplito in un modo che altamente onora l'artefice di sì utile opera di cui disgraziatamente s'ignora il nome".
Giuseppe Franco nel trattato 'La Fontana di Gallipoli' dopo aver esaminato le varie ipotesi sulla sua storia conclude che " le modifiche risalgono probabilmente all'epoca del Rinascimento a giudicare dalla fattura della cornice e forniscono la migliore prova della gran cura spiegata dai nostri antenati per conservare il monumento ereditato dai loro maggiori, nonché il gran pregio in cui era da essi tenuto. Ora invece è in ribasso".
Ne metteva in evidenza la certa classicità Giulio Pagliano in un sonetto nel quale con grande ammirazione scriveva:"? ma innamorato ed assetato venni alla freschezza che la vasca inonda e lieta sprizza da quell'impudica tonda poppa, corrosa dai millenni di Biblide incestuosa e invereconda sculta nel marmo della Fonte Antica".
Il poeta Luigi Sansò ha cantato in tre preziosi sonetti l'amore geloso di Dirce, l'amore incestuoso di Salmace e l'amore disperato di Biblide che da secoli troneggiano nell'antico bassorilievo.
Non deve restare inascoltato il forte messaggio che ci giunge dal passato e che è vivo e pressante in molti di noi per far rivivere il prezioso monumento che ha rappresentato la nostra Città, più del Castello e della Cattedrale.
Disponendo del recente prezioso rilievo dell'architetto Simonetta Previtero, sarebbe opportuno organizzare un Convegno di studio su "Il futuro della Fontana Greca", con la partecipazione del Dipartimento dei Beni delle Arti e della Storia dell'Università di Lecce, del Ministero per i Beni e le Attività culturali Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoantropologico della Puglia , La Regione Puglia, La Provincia di Lecce, Il Comune di Gallipoli, La Società di Storia Patria per la Puglia, la RANKOVER che sta eseguendo i lavori..
Sarebbe un momento di crescita culturale per la Città definire l'avvenire artistico del nostro famoso monumento testimonianza nei secoli della 'città-bella'.
Luigi GIUNGATO