Luci ed ombre di Federico II di Svevia. Il suo mito nella tradizione pugliese e salentina

Alcuni biografi di Federico II asseriscono che Hitler ha meditato sulle sue opere, particolarmente sulla politica di unificazione di popoli diversi sotto la stessa legge, in verità il Fuhrer ha dimostrato la sua assoluta predilezione per un altro Federico, Federico II di Prussia. Lo Svevo è stato denominato dai suoi estimatori "Stupor mundi", signore del diritto e vicario di Dio in terra e dai tedeschi "Puer Apuliae", in senso dispregiativo, perché monarca dei territori del vituperato Mezzogiorno.
Si ricordano di Lui le qualità di scienziato, di filosofo (lettore accanito di Aristotele, di Avicenna ed Averroè) di prode guerriero, di poeta e di architetto, la sua opera "De arte venandi cum avibus" può definirsi un trattato di zoologia comparata, l'incrocio delle razze di cavalli e delle diverse specie di grano derivano dalle sue iniziative.
Senza di Lui non vi sarebbe stata la nuova lingua italiana nella quale confluirono anche radici islamico-ebree della comunità di Lucera, né si sarebbero costruiti 220 castelli, oltre la ristrutturazione di Castel del Monte, avvenuta fra il 1240 ed il1250 con elementi romanici, bizantini e gotici situati su vecchio edificio, secondo il parere di Gregorovius e dei vertici del Genio Militare italiano e tedesco.
Federico di Hohenstaufen è figlio di Enrico VI  e di Costanza d'Altavilla, è nato nel 1194 a Jesi, sotto una tenda, per divenire Re di Sicilia a quattro anni, re di Germania, dopo la battaglia di Bouvines, a 21 anni ed imperatore del Sacro Romano Impero d'Occidente a 26 anni, in S. Pietro, incoronato da Onorio III.
Il suo regno e il suo impero si protrassero durante i pontificati di Innocenzo III suo precettore, Onorio III, Gregorio IX, Celestino IV ed Innocenzo IV..Egli è stato Crociato, scomunicato tre volte, raffinato e crudele anche con i suoi figli, se è vero che rinchiuse nelle fortezze i figli Ezio ed Enrico, deceduto nel tentativo di liberarsi dai suoi aguzzini, durante un trasferimento.
Bianca Tragni nel suo volume (ed. Adda) ci ricorda che sotto Federico II Fibonacci introduce in Italia i numeri arabi e che nel 1220, nel castello di Bari, l'imperatore invitò San Francesco al piacere dei sensi quando il Santo pregò la ragazza di sdraiarsi accanto a lui su di un giaciglio di brace ardente, deludendo così le aspettative dello stesso imperatore.
L'ambasciatore Sergio Romano ricorda che Federico dopo la permanenza in Germania, tornò in Sicilia è divenne re di Gerusalemme, imparentatosi con i Brienne. Egli cercò di estendere il suo potere nei Comuni lombardi, cercò di istituire in Puglia, a Napoli, a Palermo uno stato moderno con la componente latina, greca, ebraica e musulmana. Raffaele Iorio rileva che il suo stato laico ed accentrato potè svilupparsi in un clima di imprevedibile modernismo, l'imperatore volle imparare sei lingue, ma non è dato sapere fino a qual punto le conoscesse perfettamente, si sa che non dimostrò alcuna vocazione per la lingua tedesca, avvertendo il gradito richiamo di quella italiana.
Istituì lo Studio di Napoli, attualmente denominato Università Federico II, la zecca di Brindisi, divise il suo regno in undici circoscrizioni e giustizierati, ma i suoi debiti per le opere pubbliche e gli interessi pagati per esse rimangono proverbiali. Conseguentemente appesantì il diritto sui mari, aumentò le imposte sulle stalle, sul sapone, sulla molitura della galla usata in tintoria, sul ferro, sull'acciaio , sulla pece, sul sale e sulla seta. Sotto il regno federiciano l'agricoltura pugliese fu posta allo stremo perché i suoi prodotti dovevano servire per incrementare lo sviluppo di altre regioni.
Michele Viterbo ritiene di eloquente verità quanto ha scritto il Carabellese che così si è espresso:" La storia più importante di tutta la vita civile della Puglia è quella che va dall'età bizantina alla fine di quella sveva".
Non mancano gli storici che evidenziano come l'economia sveva si presentò positiva nel suo quadro generale comparato nei secoli successivi con quello di altre dinastie e dei viceré di Spagna.
Giulio Cattaneo, al servizio della Rai per oltre quarant'anni, ha intitolato il suo volume sull'imperatore: "Federico II di Svezia, lo specchi del mondo" e nella premessa stilata per questo volume l'autore riconosce di essere approssimativo quanto tutti gli altri biografi di Federico II, il quale rimane misterioso, inaccessibile, come il re David della Bibbia.
Il prof. Francesco De Robertis afferma che l'imperatore fu un personaggio mediocre che seppe scegliere eminenti collaboratori, infatti, con essi effettuò l'unica raccolta organica delle leggi del medioevo valida per tutto l'impero, pur se in Germania non potè operare secondo le sue intenzioni, non avendo riscontrato il favore offertogli in altri territori. De Robertis aggiunge che Federico per capire se la digestione era più agevole dopo il riposo o dopo il moto ordinò di squartare le viscere di due malcapitati, costretti subito dopo il pasto a correre o a star fermi.
Dopo la congiura di Francesco Tebaldi del 1246 l'imperatore usò il piombo infuocato per uccidere i congiurati; dopo le vittorie sterminava i suoi nemici ed anche i loro fanciulli. La vita degli altri non aveva alcun valore, basti pensare alla fine del suo notaio e segretario privato Pier delle Vigne, a quelle di Corrado di Lutzelhand, di Gualtieri di Palearia, dell'arcivescovo Nicola di Taranto e del vescovo di Cefalù. Di David Abulafia, docente di Storia del Mediterraneo a Cambridge, il Corriere della Sera ha offerto in abbinamento con il giornale il suo "Federico II" del 1986. In questo volume si legge che "il regno di Federico segna una tappa importante nella trasformazione dell'Europa da una comunità di cristiani guidata da due autorità universali concorrenti: il Papa e l'imperatore, ad un mosaico di nazioni in cui l'imperatore romano aveva molto meno voce in capitolo".
Abulafia è del parere che sarebbe necessario osservare quanto occorre per un giudizio complessivo delle ambizioni e delle realizzazioni dell'imperatore.
Nella politica economica si dice che Federico commise molti errori, liberalizzando il commercio e diminuendo l'oro e l'argento nelle leghe delle monete che giungevano ai cambi svalutate con manovre illegali, tanto da suscitare l'ira di Gregorio IX.
La guerra contro i Comuni ed il controllo sulle azioni dei feudatari si possono elencare come autentici fallimenti. Franco Cardini annota che le crociate furono concepite dall'imperatore come incontri fra due diverse civiltà che alimentarono scambi commerciali e culturali.
Lo sfarzo della sua corte, il serraglio degli animali che precedeva i suoi cortei servivano a risvegliare le tradizioni orientali che si sarebbero dovute fondere con quelle del mondo occidentale.
Hubert Houben cita un saggio che Francesco Babudri ha pubblicato nel 1962 su " L'Archivio Storico Pugliese".
Con questo saggio si pongono in risalto i versi di due poeti  salentini  del 200: Guglielmo d'Otranto e Giorgio Cartofilace di Gallipoli che glorificano le meravigliose virtù di Federico, già raccontate dal frate Salimbene de Adam.
Nel XX Canto dell'Inferno dantesco Virgilio indica alcuni indovini, fra i quali  vi è Michele Scotto che predisse in lingua salentina il luogo della morte dell'imperatore avvenuta a Castel Fiorentino nel 1520: "Duvia morire 'n tra la città du fiore  "  ossia a Fiorentino di Foggia, dove Federico si spense, forse avvelenato; un  giallo mai chiarito. Sicchè l'idioma salentino ed il fascino dell'imperatore magnificano il suo carisma tramandato nella convivenza auspicata da differenti espressioni linguistiche.
Aurelio Pes ha scritto un dramma in due atti. "Federico e la sua corte" musicato da Ennio Morricone.
L'oratorio "Il Cavaliere dell'intelletto" è di Franco Battiato.
Molti gli episodi, le vittorie, le conquiste che promuovono la tradizione dell'Ultima possanza" (Dante Par. 3,  120).

Pio VALENTE