Una città in liquidazione

Caro Direttore,
La nostra Gallipoli è "UNA  CITTA’ IN  LIQUIDAZIONE".
Se un torto può avere l’autore del monumento al Riccio non è quello d’aver prodotto un’incompresa opera d’arte quanto quello di averla donata ad una città popolarmente insensibile verso il mondo dell’arte e della cultura come mai lo era stata la nostra Gallipoli. Una insensibilità cagionata dalla persistente emigrazione delle nostre più colte energie giovanili e dalla rovinosa caduta della città nelle mani della sua presunta società civile che, oltre al suo tradizionale attivismo artigianale ha impudicamente messo in liquidazione il suo storico e invidiato patrimonio culturale.  
Purtroppo, gli inquietanti esempi di mala politica che hanno portato allo scioglimento del Consiglio Comunale della città per collusioni mafiose e all’oneroso suo dissesto finanziario degli anni novanta, hanno contibuito massimamente a deviare il consenso della massa dei semplici elettori che, prima, si riversava nei tradizionali partiti politici. Ormai, visti e intesi, tutti uguali e tutti da condannare.
E, come si temeva, a trar vantaggio di ciò è stata proprio quella stessa parte della società civile che, da qualche tempo, come nel resto del Paese, si è infiltrata nelle locali forze politiche, inficiandone la loro credibilità.
Ed oggi, la città, si trova ad aver a che fare con gli asociali amministratori pubblici imbevuti all’osso di quel qualunquismo che tutto degrada senza lasciare colta traccia di se a futura memoria. E che, da subito, hanno anteposto gli interessi individuali a quelli generali e usato il potere col malcelato intento di riuscire a disgregare la sua solida e colta coesione sociale e facoltà di giudizio critico che l’avevano aiutata a disfarsi democraticamente della moltitudine di amministratori che avevano fin qui tentato di governarla più per interessi personali che generali.
Certamente, l’incredulo autore del Riccio, il maestro E. Muscetra, non poteva immagginare che, da lì a poco, il furore iconoclasta della cosiddetta « società  civile » avrebbe spogliato e inaridito la città anche di tutto ciò che di sociale, colto e civile avevano prodotto le forze politiche che, per quanto criticabili, si erano alternate a Palazzo di città con un’approccio rispettoso e disponibile verso ogni contributo culturale.
E, naturalmente, non essendo Egli un abituale residente non poteva avere conoscenza diretta  del fatto che la nostra città era caduta nelle stesse sprezzanti mani di una « società civile » che già aveva svenduto, a costi di rottamazione, gran parte del suo patrimonio storico, immobiliare e culturale. Eventualità, questa, che Gli sarebbe stata utile per guardarsi bene intorno, prima di donare alla nostra città una delle sue più originali opere artistiche.
Ma, purtroppo per Lui, allora fummo in pochi e isolati semplici cittadini a denunciare pubblicamente quanto di grave stava accadendo ai danni della nostra colta Gallipoli. Che, non a caso, e non solo per il suo stupendo paesaggio naturale ma, soprattutto per le sue originali caratteristiche architettoniche, è anche detta  ‘città bella’.
Ed oggi, la nostra città, non si distingue più per essere quella che ha il centro storico più originale d’Italia. Nè per  quella che, nel tempo, ha saputo conservare intatti tutti i valori socio culturali dei propri Vicoli, Piazze e Curti, popolarmente fruiti come fossero reali palcoscenici teatrali all’aperto. Dove i gallipolini si recitavano e raccontavano  liberamente la propria esistenzialità.
Ma si distingue, invece, per aver ignobilmente dissacrato e infestato il suo caratteristico Borgo antico di squallidi gazebi fissi in omaggio agli interessi d’improvvisati esercenti; per le ruspe degli incolti concessionari che stanno sventrano lo stato dei luoghi di monumenti storici come il Rivellino; per come il Castello Angioino resta imprigionato dall’antistorico mercato coperto adibito alle brutture degli affari stagionali; per come la Fontana Greca viene follemente abbandonata al suo incolto sfarinamento; per la sostituzione delle originali paratie in carparo del Ponte seicentesco con quelle di ferro sempre ossidate e pericose; per l’antistorico catrame con cui sono stati sostituiti i pregevoli basoli delle caratteristiche vie del Borgo antico; per lo sprezzo con cui gli originali capitelli di Castel Sant’Angelo, lo stemma di città ed i busti marmorei dei suoi più illustri Uomini d’arte e cultura sono abbandonati nei sottoscala degli edifici pubblici; per i cervelli che partono e gli ignoranti che restano e per esser così incoltamente ostile perfino verso il monumento che inneggia al più classico dei  prodotti locali qual’è il Riccio di mare.
E, purtroppo, si distingue anche per l’evidente imbarazzo umano dei propri cittadini nel manifestare alla luce del sole il proprio dissenso nei confronti di un Sindaco amico che ha pensato sbagliandosi di risolvere i gravi problemi sociali cominciando col costituire una Giunta Comunale culturalmente estranea alla città, col cacciare via quel Premio Barocco che l’aveva portata all’attenzione dell’intero Paese e, con lo svendere gli ultimi scampoli di quell’esistenziale  patrimonio storico culturale di città che ha dato senso alla sua e nostra folclorica gallipolinità per poter far fronte alle spropositate quanto improduttive spese delle intempestive manifestazioni canore, culturalmente estranee alla città.  
Siamo certi che se, il maestro Muscetra, avesse saputo per tempo tutto ciò, non avrebbe mai permesso il calvario della via crucis al suo Riccio. Fino a quello di essere deriso prima, depositato nella discarica dell’ex macello poi e, da ultimo, collocato nel disinteresse generale su di uno scoglio del mare più sporco e infetto di città. Lontano d’ogni contatto e colta curiosità umana. L’esatto opposto di ciò che fanno le più colte e civili città del Paese nei confronti delle opere d’arte e cultura che gli sono generosamente donate.
L’esemplare tolleranza, del maestro E. Muscetra, nei confronti dell’ingratitudine patita dal suo Riccio sta a dimostrare che non ce bisogno del nostro consiglio a non perdere fiducia nella Politica. Anche perché ci diciamo certi che, Egli, sia consapevole quanto e più di noi del fatto che: i valori della libertà, civilità e Umanità dell’uomo si affermano con l’affermarsi della Politica.
Cari saluti.
Gallipoli,  22/04/2007                    

Romano (Bruno) FIAMMATA