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AFFIDAMENTO:  LE DIFFICOLTA' DI UNA SCELTA

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Nel concludere il precedente articolo, mi è parso opportuno porre in evidenza quello che dovrebbe essere l'obiettivo comune dei genitori allorquando dovessero optare per l'affido condiviso, ossia "curare con amore e dedizione l'interesse dei loro figli".  Nella stessa ottica deve, ovviamente, essere inquadrato anche l'affidamento ad un solo genitore.
Riprendendo, dunque, le fila del discorso ed osservando il problema da una visuale pratica legata all'eventuale necessità di decidere su quale, tra i genitori, debba ricadere la scelta del giudice, occorre fare alcune ovvie premesse.
Il matrimonio è un fenomeno umano estremamente complesso ed eterogeneo, in quanto riesce ad involgere contemporaneamente problematiche di diversa natura: psicologia, pedagogia, diritto, religione, questioni economiche, ecc.  La separazione, pertanto, non può che generare effetti su diversi livelli e, tra tali effetti, quelli in assoluto più delicati e complessi riguardano i figli, i loro problemi, i rapporti presenti e futuri con i genitori.  
Conseguentemente, per poter individuare la soluzione meno dannosa, occorre un'attenta analisi di tutto ciò che riguarda la sfera relazionale della prole, l'ambiente che li circonda e l'atteggiarsi dei rapporti creati e mantenuti durante il matrimonio, elementi che, inevitabilmente, assumono ovvio rilievo nella fase conflittuale.
Nella crisi coniugale, difatti, si possono individuare tre variabili relazionali di grande importanza:  la coniugalità, la genitorialità e l'asse delle relazioni parentali ed amicali.
Le vicende legate alla coniugalità, ovvero tutte le questioni afferenti il rapporto tra i genitori (affetto, sessualità, eventuale infedeltà, ecc.), possono incidere direttamente od indirettamente sulla crisi, ma possono assumere peso giuridico sotto il profilo giuridico della separazione e dell'affidamento solo in due casi:  ogniqualvolta ricadano gravemente sui figli (violenze, abusi, ecc.), ovvero quando siano la causa di odio e rancori persistenti tra i genitori.
La genitorialità, invece, è il fulcro delle problematiche connesse all'affidamento dei figli, in quanto concerne direttamente il loro "interesse morale e materiale" ed il loro rapporto con entrambi i genitori. In tale prospettiva, pertanto, ove risultasse opportuno scegliere un solo genitore, il giudice non sarebbe chiamato a prediligere quello più idoneo alla cura dei figli, bensì a prendere una decisione che consenta l'effettiva prosecuzione della genitorialità;  una decisione, pertanto, inquadrata in un'ottica di mantenimento del legame quotidiano e  contemporaneo con entrambi i genitori.
Con riferimento alle relazioni parentali, è chiaro che una valutazione corretta sul post-separazione dovrebbe presupporre che i figli siano messi nelle condizioni di poter godere della "maggior quantità" possibile di affetto dei parenti, tra i quali, ovviamente, i nonni occupano una posizione centrale.
Sotto tale profilo si osserva, anzitutto, come l'ultima riforma abbia elevato a rango di diritto (e non più di mero valore) le relazioni parentali.  Le prerogative dei nonni, peraltro, verranno ulteriormente rafforzate dalla probabile prossima regolamentazione del loro diritto di agire in giudizio al fine tutelare il proprio diritto di avere rapporti con i nipoti.
Le relazioni amicali, infine, comportano quasi sempre valutazioni di segno negativo.  Particolare attenzione, difatti, deve essere posta riguardo alla eventuale presenza di un/a nuovo/a compagno/a (il cui ruolo, nell'esplicarsi del rapporto tra i figli ed il genitore, può divenire estremamente importante).
Queste tre variabili relazionali (coniugalità, genitorialità ed altre relazioni), spesso in contrapposizione tra loro, devono essere tenute in forte considerazione allorquando la strada dell'affidamento condiviso (o dell'amichevole accordo tra i genitori) non sia percorribile.
L'aspetto della continuazione del rapporto con il genitore, come confermato dalle recenti riforme, nonché dagli ulteriori obiettivi che il diritto matrimoniale si prefigge, resta indubbiamente l'elemento più delicato per il figlio (soprattutto all'inizio della separazione) e deve essere oggetto di attenta verifica da parte del giudice il quale, anche con l'ausilio di consulenze psico - mediche, deve valutare non soltanto lo status quo del rapporto, ma anche le sue possibili involuzioni.  
Talvolta anche la stessa opinione del minore, alla quale il diritto moderno attribuisce grande importanza, può fornire una interpretazione distorta dalla realtà.
In molti casi, difatti, i sentimenti dei figli, pur mostrandosi apparentemente sani ed espressi con consapevolezza, sono in realtà condizionati e frutto di un'errata percezione dell'evento - separazione.  Tali situazioni derivano spesso dal c.d. conflitto di lealtà, ovvero da una reazione psicologica che colpisce il bambino il quale, percependo che il padre e la madre non si amano più, si chiede se sia giusto o meno amare ancora entrambi.  
Accade così che, talvolta, il bambino decida di prediligere un genitore rispetto ad un altro o che, addirittura, rifiuti totalmente di relazionarsi con uno dei due (il genitore buono contrapposto a quello cattivo) o con entrambi.
La cosa più grave (e rilevante dal punto di vista giuridico) è che sovente sono gli stessi genitori a generare questo tipo di problema o ad aggravarne la drammaticità. Accade, dunque, che un genitore rancoroso cerchi di escludere l'altro dalla vita del figlio attraverso escamotage di vario genere oppure che tenti di metterlo in cattiva luce;  a volte, viceversa, è addirittura lo stesso genitore ad auto - escludersi evitando di frequentare il figlio perché non riesce a  sopportare di rivedere l'ex partner.
Tutte queste vicende, quasi sempre celate o camuffate, sono difficili da percepire in ambito giuridico ed è per questo che l'obiettivo primario del giurista deve essere quello di approfondire al massimo la conoscenza dell'ambiente familiare al fine di avere un quadro significativo, realistico ed umano della situazione.  
Di conseguenza, ove sia opportuno o necessario l'affidamento ad un solo genitore, la soluzione più convincente appare quella di regolamentare con precisione il rapporto con entrambi, al fine di garantire una effettiva prosecuzione delle genitorialità, cercando dunque (per quanto possibile) di leggere nel futuro.
E' questa la funzione del secondo comma dell'art. 155 c.c. che affida al Giudice il compito di determinare, nei confronti della prole, "i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli". E' questa la funzione, altresì, del nuovo comma 4 dell'art. 155, ove sono elencati i criteri di determinazione dell'assegno di mantenimento (se necessario), evidenziando, ancora una volta, l'intenzione del legislatore di lasciare quasi nulla al caso, anche a costo di aumentare i vincoli alla discrezionalità del Giudice.

Giuseppe VINCI