Guardando il riccio scultoreo

Confesso!
Sono allergico ai ricci di mare. L'allergia al gustoso echinoderma mi è stata causata dal mio smoderato consumo.
Oggi ogni qualvolta lo vedo mi ritorna il suo particolarissimo sapore e al contempo il terrore di star male. Ma questa conflittualità non mi porta a detestare gli attuali degustatori, ma a porre tra me e lui una debita distanza.
Uguale alla distanza che mi separa dal 'riccio scultoreo'.
La mia prima sensazione , nel vederlo, è stata quella di comprendere la mano che , non trovando modo migliore per disfarsene l'ha "buttato a mare", con poco rispetto però anche dell'ambiente marino e circostante.
Ritornando all'opera scultorea  vorrei porre in evidenza che l'Arte è
«un valore acosmico: non si amano mai le cose per se stesse ma solo mediamente come tramite a ciò che è un fine in sé. Non amate l'amuleto che portate al collo per il suo peso d'avorio o d'oro, ma per l'anima che l'ha toccato e per una presenza personale ch'esso ravviva in voi. Non amiamo le pietre di Michelangelo per la fisicità del calcare o la geometria delle linee, ma perché su quella pietra e in quelle linee un'anima s'è resa sensibile nella potenza del suo concepimento e nella profondità del suo sentimento. L'Arte non è un incontro amoroso con le cose se non in quanto, attraverso le cose, si incontrano le anime». (1)
Un incontro che avviene attraverso
«ogni segno che l'uomo pone di sé nelle cose, per manifestarsi: un sasso scolpito, un codice miniato, una linea d'arte, una stele marmorea e un tempio, una formula algebrica e una legge scientifica, un'impresa industriale e un'opera di bene: il sorriso del neonato che dona le primizie dello spirito e la preghiera mormorata dal morente». (2)

Michele GAETANI

(1) L. S'TEFANINI, Personalismo educativo, Bocca, Roma, 1955, p.25
(2) L. STEFANINI, op. cit., p. 88.