Famiglia e Scuola

La famiglia non è una sovrastruttura sociale, quasi un optional di lusso, di comodo o di ripiego. Non può esistere società senza famiglia che di essa è centro nevralgico, fondamento di civiltà. La famiglia tradizionale, per intenderci, legittimata dal matrimonio. È tuttavia anacronistico parlare di famiglia patriarcale, felice ricordo di un passato romantico: l’era del Carosello o del focolare domestico con le favole della nonna! Non è difficile capire dove si annidano, impuniti, gli autori responsabili di tanto crimine: lo stravolgimento del normale ordinamento del sistema sociale, disarticolato sino all’esasperazione, specie nell’ultimo ventennio!
Le donne sono più che mai impegnate a quadrare il magro bilancio famigliare, non per pari opportunità. Il lavoro scarseggia e i giovani faticano a ritagliarsi un ruolo nel tessuto sociale per inserirsi nel processo produttivo. In massima parte sono impotenti a programmare il proprio futuro che è un diritto. C’è chi si arrabatta o manipola risorse e rendite avite limitandosi a raccattare umiliazioni vendendo fumo, per inventarsi uno straccio illusorio di sopravvivenza, per nulla gratificante e priva di certezze. Mentre tutto diviene effimero, ci si sposa di meno, ci si separa con maggior frequenza e leggerezza per crisi esistenziale, immaturità congenita o sindrome da Peter Pan. Il tasso di natalità è a livelli d’allarme, la società invecchia, le città perdono le classi intellettuali con generazioni di neolaureati disillusi o precari quotidianamente sul piede di partenza a smarrire le proprie radici. Invecchiano così le comunità, si svuotano le province e i centri storici divengono musei aperti.
La società è davvero mutata nell’osservanza dell’etica e nel tenore di vita, ha smarrito parametri consolidati di serietà e di equilibrio. La famiglia è allo sbando. Più non si nutre dignità della persona, rispetto dell’altro. Assenti i vecchi centri aggreganti, dominante è la televisione che propina norme trasgressive e modelli falsi, mode e linguaggi devianti, bombardando in misura indiscriminata i più deboli e sprovveduti, le fasce meno protette della società, minori, anziani e diversabili. La scuola è costretta all’angolo, allo scoperto, sopraffatta dalla stranezza di novità burocratiche, ma, ai margini del sistema, resiste eroicamente a stare a galla, sulla breccia, a confrontarsi e scontrarsi, a lottare in trincea con un nemico che nessuno ha voglia, coraggio o interesse di snidare, disinnescare per disciplinare regole e costumi, senza imporre bavaglio o museruola. In ogni modo si può e si deve tornare indietro a costo d’impopolarità tra sacrifici e rinunce. Se non si schiaccia il freno o non si trova una correzione di rotta, non c’è chi non veda sotto i suoi piedi il precipizio.
Non può sfuggire che la famiglia ha sempre costituito il motore propulsore del vivere civile, il fulcro nodale della collettività, con precisi punti di riscontro etico, sociale ed economico. Ha unicamente delegato ad altri, alla scuola, il compito pluridisciplinare dell’educazione. Oggi tuttavia si avverte quale grave crisi soffra la famiglia, se assente è lo Stato. Ma, a ben pensare, altre forme di convivenza non se ne intravedono, non se ne possono studiare né improvvisare e, se pur si registrano nella realtà, sono semplici palliativi o cloni inventati, effetto storico di emergenze sociali i cui rimedi possibili vanno rintracciati nel codice civile senza l’obbligo di coniare dei surrogati che non devono appartenere alla politica, in quanto ogni scelta di vita è dettata dalla coscienza etica individuale. Non esiste alternativa possibile e neppure accettabile con tutta la carità cristiana. Non c’entra la Bibbia né il Vangelo né il Corano, che, ancor più drastico, pone al centro la famiglia con più mogli, concubine e subalterne, destinate al solo incremento della prole. Che l’Italia, Paese autolesionista, si trovi sull’orlo dell’autodistruzione è sotto gli occhi di tutti. Più degli altri Paesi occidentali, perché al crocevia di varie culture e contrastanti civiltà all’assalto del benessere e del progresso materiale, legittimo miraggio per masse di sventurati.
Dinanzi allo sfascio morale della società, il Papa non può limitarsi a lamentarne la gravità, ma, insieme con le gerarchie ecclesiastiche, dovrebbe prendere posizione più chiara e netta: sentenziare con maggior virulenza, mutato registro. Lo stesso dovrebbe fare lo Stato. Entrambi, nei propri ambiti di competenza separati ma complementari, hanno l’obbligo di avviare una convergente campagna, moralizzatrice l’uno e legislativa l’altro. Senza guardare in faccia a nessuno, senza remore o reticenze. È un dovere morale almeno preoccuparsi: il malcostume, il cattivo uso e l’abuso della televisione è un tarlo della società. Che fare? A destra e a sinistra del Tevere non è possibile che mai nessuno abbia capito che il pericolo viaggia principalmente via etere! Il male della democrazia è proprio il tiranno catodico, il più malefico dei mali.
Si è accertato che l’Italia è un paese assai immorale e poco moralista (86 % vs 14 %). Dovrebbe essere solo un paese normale, ovvero probo, giusto e ordinato. Il paradigma proviene dall’alto, dalla politica che dovrebbe essere pedagogica, sobria ed essenziale, senza la smania di comparire e confliggere con se stessa, quasi spettacolo mediatico, fenomeno dei Paesi ricchi e progrediti. È a tutti noto quanto male guasta la società americana con i molteplici problemi che assillano città e famiglie, costantemente alla ricerca della felicità sempre più lontana. Non si parli poi dell’economia generale e dello stato sociale o della sanità (“Chi vuol star bene non si ammali!”). Ma neppure è immune l’occidente europeo opulento ed evoluto, Italia inclusa: droga che scorre a fiumi, violenza gratuita, corruzione e litigiosità pubblica diffusa, divismo e protagonismo ad ogni livello.
L’organizzazione della Chiesa con oratori, comitati parrocchiali, associazioni, centri di culto, di ascolto, di accoglienza e di aggregazione sociale non funziona come dovrebbe né cammina con i tempi. La scuola è allo sbaraglio, lasciata al suo destino, con le sue strutture antiche e obsolete, con il corpo docente mal retribuito e demotivato, isolato dal contesto di fronte ai problemi della famiglia, della società e del mondo del lavoro in crisi. La famiglia è disarmata, priva di supporti morali più che materiali, come mai nella storia. È dormiente come la Chiesa, la società e lo Stato retto da politici in perenne conflitto, sempre distratti o impegnati a curare il proprio orticello. E intanto la televisione bombarda con messaggi devianti. Destinatari e maggiormente a rischio i giovani che crescono con siffatta educazione. Il loro pallino fisso: diventare veline o calciatori! Da vent’anni convivono con l’audience, con l’Auditel, con la concorrenza di mercato, con la pubblicità ingannevole, con reality, gossip, con Beautyfull e programmi spazzatura.
Dominante è un’altra scuola, altro strumento d’istruzione che tutto trita e tutti omologa nel villaggio mediatico globale. Non solo a fini consumistici e commerciali, ovvero di profitto. Se ne avvantaggia la stessa politica in una spirale perversa. In tale scenario sono a rischio persino le coscienze! Per garantire interessi privati l’etica è sotto i piedi, la scuola è impotente, la società è nel disordine totale. La chiesa non sprona eletti ed elettori ad una lotta seria per il ritorno alla civiltà in un percorso di neocivilizzazione, come i bonzi birmani a difesa della democrazia. È tempo che i palinsesti televisivi vadano scientificamente programmati ope legis, in ossequio ai più moderni e corretti sistemi didattici, senza ricorrere all’Inquisizione e all’Indice. Non è sufficiente la sola astuzia di un escamotage, la “fascia protetta”. Tutti i mass-media devono avere funzioni e finalità pedagogiche, così come l’informazione e la politica.
Vero è che la televisione non annaspa come la società. Gode, anzi scoppia di ottima salute quella privata e commerciale, vista la Borsa. La pubblica è costretta a star dietro con affanno per inseguire le leggi di mercato e i giochi di potere o di equilibrio tra i vari schieramenti politici. Altro male inguaribile la pubblicità, esageratamente spudorata e senza veli. Intorno vegetano strani personaggi arricchiti grazie all’immagine, per uno spettacolo privo di arte e cultura. L’informazione non è formazione, se costituita di dis-valori: odio, violenza, turpiloquio, corruzione, dissolutezza, in una paurosa escalation del degrado morale aberrante e deprimente. E intanto, tra crisi e drammi famigliari, i figli ammazzano i genitori, i genitori i figli; le stragi tra le pareti domestiche non fanno più notizia, tutti litigano con tutti, parenti, amici e condòmini. Le famiglie si sfasciano, si sfaldano e si sradicano, i giovani perdono fiducia e autostima, la trasgressione è sfrontata specie tra i minori, l’anarchia impera, il traffico stradale è impazzito, il paesaggio ferito e sfigurato, l’ambiente violentato, la natura sofferente, mentre il pianeta-terra non pare che sorrida poi tanto.
Non si può pensare che la scuola sia lo scrigno depositario di valori, se non collabora la famiglia. Non si può pensare che la famiglia debba essere più attenta nel delicato compito educativo, se la società, l’insieme delle famiglie e delle istituzioni, ha fatto strame di ogni valore permettendo ogni licenza. Non si può pensare che la società sia migliore, se al centro dell’educazione generale, per 24 ore, c’è lo stesso messaggio televisivo con lezioni di vita quotidiana basate su falsità, inganni e immoralità! Non c’è proprio da illudersi. Forse era meglio quando non c’era la televisione? Ma oggi, purtroppo, si aggiunge un altro elemento di preoccupazione: la globalizzazione di internet.
Se siamo tutti coscienti e ne parliamo in sofferenza, non può trattarsi di banalità. La televisione è causa prima dei mali sociali? Se ciò è vero, allora sarebbe preferibile riprendere il filo della storia che, come pare, ci è sfuggito di mano impunemente. Mentre chi poteva operare ha fatto unicamente lo struzzo. C’era sempre un pubblico-utente, ubriaco e servile, che gli ha dato comunque ragione, gratificandolo di ricchezza e potere! Con quali risultati! Il nostro Parlamento è chiamato quanto prima a correre ai ripari lasciando da parte bandiere, colori, interessi e ripicche di bottega, ripristinando la legalità. Il nostro futuro dipende dai nostri governanti e soprattutto da chi ha il dovere di eleggerli adoperando il dono della ragione per evitare il peggio e per riparare ai guasti del passato.

Gino SCHIROSI