Un progetto politico per la città

È calato il sipario sulla XV legislatura repubblicana. Applausi e fischi divisi a metà. Così pure esultanza e amarezza. Tutti a casa gli attori. Il dramma ha coinciso con la fine del carnevale. A Gallipoli, edizione n. 67, le medesime tematiche della satira politica in versione allegorico-grottesca. Sotto accusa la crisi delle Istituzioni con denunce dirette a politici inadempienti, derisi e sbeffeggiati come si meritano, protagonisti in negativo della vita pubblica. La politica invelenita è in sofferenza. È sempre un trampolino di lancio per il facile, immeritato successo. Dovunque c'è l'uomo, domina la cupidigia per l'arricchimento e il potere. Siamo all'emergenza.
Nella giungla del trasformismo e nella palude del malcostume si è raggiunto il fondo sino al paradosso. Il mese di gennaio ha registrato prodigi e scandali. Dappertutto montagne di rifiuti (fuor di metafora) e una politica che litiga e non decide! Il fiume di parole di tante prove di dialogo e disperate trattative è sfociato nello stagno in cui illusione e delusione sono affondate tra ingenuità, incomprensioni e sberleffi. Dopo titubanze e minacce ultimative, alternate da palesi ricatti e reiterati segnali in codice, da demolire la pazienza di un pachiderma o di un eremita orientale, è scoppiato l'atteso temporale. Altro che spallata! In prossimità del referendum, abrogativo di un'infausta legge elettorale (la porcellum, l'aberrazione totale che tanti ramoscelli e mezze figure ha partorito con seri guai  per la governabilità), il Paese si è fermato, la politica interrotta per una strana operazione, quasi congiura subdolamente ordita ad orologio. Nessun dissenso su politica economica e sociale, interna ed estera. Al miraggio del voto imminente e del potere agognato l'ectoplasma si è ricomposto nel citoplasma cellulare d'origine. Un'inversione ad "U" e tutti supini all'ovile a testa bassa, in silenzio, senza mugugni. Dimenticate di colpo fibrillazioni e aspre baruffe di cortile. Alla casa del padre hanno fatto ritorno i figli prodighi pentiti. Ma quale vitello grasso sarà immolato? Tante "persone per bene" sono rientrate al richiamo della foresta come vassalli genuflessi in omaggio al loro signore. E tutti hanno rinnegato tutto, stendendo una sontuosa corsia per il trionfo del "carisma" affabulatore. Alla faccia della coerenza! Dopo vari lustri sono ancora rinviate le riforme di una moderna architettura statale. Ora si pensi a rastrellare elettori e suffragi con giocose macchine da guerra. Le poltrone sono vacanti. Si andrà avanti nella frammentazione contro il buon senso e la stabilità di governo. Sono in ansia i lavoratori dipendenti, fermi allo stipendio del 2000, mentre gongolano gli autonomi che lo vedono lievitare al 14%, grazie all'euro, impunemente o volutamente incontrollato (prezzi tedeschi, redditi greci, ma profitti svizzeri!).
Le Istituzioni sono davvero in balia dei soliti clan, pronti ad accaparrarsi il voto sempre più sotterraneo e circoscritto, utile a gestire il potere personale e locale. Come nel più becero feudalesimo medievale. Nel teatrino della politica partitocratrica le voci si fanno sempre più ingarbugliate, maledettamente più confuse.  Da ben 15 anni c'è nell'agone politico chi si gloria di esserne il regista indiscusso mai fuori dalla mischia, a tessere direttamente le fila con i suoi strumenti mediatici, disfacendo e rifacendo la tela o il mosaico male assortito dello stesso puzzle, trattando e ritrattando con spudoratezza. Nordisti e sudisti, nazionalisti e separatisti, liberisti e statalisti, credenti e laici: tutti liberal-moderati, difensori intransigenti di conseguiti privilegi e consolidati interessi, ma anche della morale cattolica sino al più fanatico e farisaico degli integralismi. Anzi, tutti in piazza a difendere l'etica e la famiglia (?) e ad ascoltare le dotte parole del papa, contestato da un'irriverente cultura anticlericale. Ma esiste pure chi, sul versante opposto, si è illuso di poter dialogare per "resettare" il destino del Paese. Senza capire che la sete di potere acceca soprattutto chi, baciato dalla sorte, ha inestinguibile fame di ricchezza. Ma chi è più scaltro se ne fa solo una risata tra la fedele claque e le comparse d'avanspettacolo.
     In uno show inqualificabile si è visto il vero volto della politica, la sua casta, che  inciampa nella ridicola "bufala" di Neruda! Una politica irrazionale, urlata e mai ragionata, trafficona e litigiosa, che, nella solennità del Senato, tra risse, beghe autoreferenziali e slogan volgari, si esalta nell'ultimo atto del tradimento finale con sputi e spumante. Peggio che all'osteria. Le immagini di vergogna fanno il giro del mondo. Con buona pace di falsi moralisti e sedicenti cattolici che si arrogano pregi, virtù, meriti d'infallibilità. Ci si lamenta poi del malessere giovanile e della tifoseria da stadio! Le curve sanno come scimiottare il turpiloquio, la trasgressione, l'inciviltà. Si può definire goliardia la mancanza di serietà e di tolleranza? La politica ha solo funzioni pedagogiche. Povera Italia! Da quanti mali afflitta: prostituzione pubblica, bipolarismo forzato, contrapposizione conflittuale, manicheismo senza dialogo! Chi è il depositario della verità assoluta? Politica o magistratura? La legge si muove sempre con tempestività? E per quali crimini? Ai posteri l'ardua sentenza! Dura lex, sed lex. Specie per chi è chiamato a dare l'esempio. Quando però la politica finisce in tribunale, dimostra la sua sconfitta. Per il rilancio del Paese è urgente un patto tra persone serie, tra galantuomini, contro le interferenze della malavita nella sanità (pubblica e privata), occupata, saccheggiata dalla politica orfana di partiti e probiviri. La politica deve far pulizia al suo interno da sé, prevenendo il danno, mai delegando il compito a solerti magistrati. Si fa sempre più grave l'arroganza dei politici nella spartizione del potere, nella gestione delle risorse pubbliche, nel torbido pantano della partitocrazia, della lottizzazione, della doppiezza, dello stesso costo della politica.
Di fronte a queste miserie un Paese che non s'indigna e che cerca costantemente favori e privilegi senza merito e contro ogni diritto preoccupa più della stessa corruzione che alligna nei palazzi della politica. Così fan tutti o quasi. Un Paese al collasso va normalizzato: snellendo bilanci faraonici di amministratori insipienti, dimezzando i rappresentanti del popolo, ridimensionando le prerogative delle oltre 100 province, sottraendo alle regioni la gestione della sanità, focolaio di sprechi macroscopici e impudiche corruttele. Occupare Università, ASL, IACP, ASI fino alle comunità montane significa distribuire clientele politico-elettorali nel territorio e favorire il fenomeno mafioso della corruzione, patologia diffusa, incontrollabile.
L'Italia non sta bene. Soffia il vento dell'antipolitica. Non per caso. Avrà pure un senso il rapporto Eurispes 2008 con le cifre impietose sulla fiducia e lo stato degli Italiani: non si fidano più del Parlamento, dei partiti, dei governanti, dei magistrati, della Chiesa, di nessuno. In sintesi. Per altre problematiche parlano Istat, Corte Conti, Bankitalia. Gli Italiani chiedono unicamente una politica che restituisca credibilità alle Istituzioni. Ha reclamato per l'Italia stabilità politica, previa riforma della legge elettorale, persino l'Europa, invano seguita da alte cariche dello Stato, Consulta, gerarchie ecclesiastiche, comitati referendari, forze sociali ed economiche, sindacati e organizzazioni imprenditoriali (firmatarie del "Manifesto per la governabilità").
L'Italia, ostaggio della classe politica, è un Paese bloccato, condizionato dai particolarismi e dai veti di partitini bonsai, immobile sulla via delle riforme e dello sviluppo. Qualunque idea di cambiamento viene puntualmente impedita, osteggiato ogni tentativo di novità. Ciascuno si cura del proprio orticello, pochi del benessere generale. Si antepone l'interesse privato al pubblico! Gli eletti, educati ad invocare l'immunità e a tutelare l'impunità, non agiscono sempre con disciplina ed onore ed hanno di rado comportamenti superiori al comune cittadino. I partiti non rinunciano a candidare chi, per fedina penale, non è in odore di probità, anzi utilizzano a fini di parte posti di comando assicurandosi il monopolio negli Enti pubblici. Si possono evitare scandali perpetrati a danno della meritocrazia? Appalti, nomine e carriere professionali non devono essere un'investitura esclusiva dei politici, per poi sperare nei dividendi, né si deve scavalcare o umiliare la serietà di gare e concorsi pubblici. In un'Italia mortificata, agitata e confusa, malata di apatia, sempre più insoddisfatta e meno fiduciosa nel futuro, va realizzata un'oasi di serenità e d'impegno morale per una società più civile, giusta e felice. È finita un'epoca! Ha pure delle ragioni Woody Allen a dire: "Dio è morto, Marx è morto... e anch'io non mi sento molto bene"!  
Che fare per l'Italia? I responsabili affrontino il problema con autorevolezza per soluzioni mirate condivise, espletato l'esito delle urne. Ma a Gallipoli? Una premessa doverosa: credo fermamente nella semplificazione della politica. Si può consentire una trentina di partiti su scala nazionale? E nella nostra città? Un progetto politico-amministrativo può aprire solo un bivio, non molteplici, disparate scorciatoie utili a procrastinare, moltiplicare, aggravare problemi e a generare interessi di parte. Risiede qui l'astuzia dei politicanti e il malaffare che s'insinua nella vita pubblica. Basta considerare cosa ha ingenerato la proliferazione di simboli e liste elettorali!    
Dunque, visti i precedenti delle "collaudate esperienze" bruciate sul campo, per Gallipoli resta da sperimentare un altro percorso innovativo e serio: una lista bloccata di 20 candidati intonsi, uomini e donne mediamente giovani, persone rette, impegnate e preparate, scelte in relazione alle forze politico-elettorali aggregate, col fine non tanto di sconfiggere l'avversario ma di assicurare per cinque anni l'amministrazione del bene comune, non dei massimi sistemi. Un'unica lista per coalizione e per candidato sindaco, professionalmente eterogenea e ideologicamente omogenea, sapientemente studiata e passata al vaglio, per assemblare una selezione di cittadini di provata dirittura morale, radicati nella società civile da un forte legame socio-culturale con la città e la sua gente, ossia l'espressione  della stessa matrice valoriale del sindaco di riferimento (opportunità di rilievo, figura rappresentativa eletta dal parlamento delle primarie). Una lista per ciascuna squadra che si riconosca sul medesimo progetto di città democraticamente redatto, unanimemente condiviso, il migliore possibile ma fattibile. Una soluzione univoca coesa, senza le famigerate liste civiche o del sindaco. Limitati i simboli dei partiti, che resterebbero, con la propria identità, notai e registi di tutta l'operazione per l'intera legislatura. Ma con le stesse idee, regole, direttive, strategie a supporto del proprio sindaco. È un esperimento coraggioso ma necessario. Un confronto serio tra galantuomini seri, con candidati rigorosamente filtrati al setaccio dall'alleanza, garante della trasparenza e affidabilità, di fatto concordemente accertata, pur nel pluralismo delle posizioni. Un patto saldo intorno al medesimo programma essenziale e pratico, né stravagante né velleitario, per affrontare in concreto problemi urgenti nell'immediato, che sappiano accendere il coinvolgimento dei cittadini. Anche dei 3.000 elettori fluttuanti che puntualmente attendono l'ultima ora utile del lunedì elettorale per mercanteggiare il voto ed essere accompagnati al seggio con le solite promesse e regalie, utili a fare la democrazia! Alla lista vincente, ovviamente, tocca tutto, tranne la presidenza delle commissioni. Il sindaco è garantito dalla sua maggioranza impegnata a collaborare con la massima fedeltà alla realizzazione del programma concordato. Secondo modalità pattuite (prestigio, autorevolezza, anzianità, suffragio), dei 12 consiglieri uno sarà presidente del consiglio, dei non eletti 7 assessori con vice-sindaco, giudice di pace l'ottavo. In ogni modo i ruoli s'intendono interscambiabili a volontà con accordi reciproci, per opzione o surroga (dall'esterno in casi di eccezionale emergenza), nel rispetto dei patti convenuti e delle precise clausole prestabilite tra le parti contraenti.
Si tratta di un progetto indubbiamente ardito, opinabile, difficile, non impossibile né impraticabile. Utopia o provocazione? È solo un'ipotesi da valutare, da coltivare. Non so se è più forte il pessimismo della ragione o l'ottimismo della volontà. In una società allo sbando, in un momento storico così critico, sarebbe un'esperienza innovatrice, la rinascita della vera politica, da tentare senza tentennamenti né rimpianti. Anzi, il cittadino si avvicinerebbe con altro spirito al confronto dialettico, partecipando con impegno ai problemi che lo riguardano. Un'interessante svolta di moralità pubblica per la città. La politica ne guadagnerebbe in fiducia e dignità. A mio avviso, riuscirebbe a stanare l'inquinamento e il torbido. Spazzerebbe in un sol colpo il qualunquismo e l'antipolitica, che è tale non solo quando non si fa politica o la si fa male, ma quando è appannaggio dei volponi e malintenzionati, della malavita e del malaffare. La novità farebbe scalpore e avrebbe un'eco senza confini. Gallipoli si porrebbe alla ribalta nazionale quale laboratorio politico.  È una proposta inedita, indubbiamente rivoluzionaria ancorché discutibile. Si può e si deve certo discutere, per analizzare, approfondire, perfezionare, fino a raggiungere una condivisione programmatica capace di superare antichi steccati e guardare con rinnovata speranza al futuro. È l'auspicio di tanti benpensanti e di tanti giovani. I nostri figli e nipoti, domani, ci renderanno merito. Per un altro capitolo glorioso della storia cittadina!

Gino SCHIROSI