Dalla fine del secondo dopoguerra in poi il Borgo di Gallipoli ha assunto la fisionomia urbanistica attuale, con architetture che rispecchiano la libertà individuale di ogni progettista nell’ideare forme dagli aspetti calibrati, che esprimono la natura concettuale personale di ognuno, sicuramente precedute da attenta analisi delle componenti e delle modalità costruttive, anche se non sempre sono risultate ben adeguate al contesto urbano precedente.
Per ciò che riguarda l’attuazione volumica, i prospetti e gli stili delle costruzioni si può osservare che prevalgono gli edifici a blocco rettilineo con sviluppo geometrico regolare, a volte movimentati da rientranze e sporgenze frontali. Alla prevalente concezione stilistica, che prevedeva facciate a svolgimento liscio, spoglie di elementi ornamentali idonei ad abbellire i prospetti frontali o le linee di coronamento, si affiancavano, in molti casi, ricerche di soluzioni prospettiche che potessero accordare tra loro gli edifici.
Nel rispetto di un’architettura semplice, ma comunque efficace dal punto di vista espressivo, si attuavano giochi di vuoto e di pieno, con avancorpi e con larghe e lunghe pensiline ai piani superiori e con alcuni esempi di aree pedonali porticate al piano terra, che potessero rompere la compattezza dei grandi blocchi edilizi. Le manifestazioni architettoniche frutto degli interventi sostitutivi sul tessuto edilizio preesistente sono, così, legate tra loro da comuni caratteristiche di tipo moderno, che le differenzia però dalle espansioni urbanistiche della parte centrale del borgo nuovo, caratterizzate dal loro valore intrinseco di costruzioni ottocentesche e di inizio novecento.
Su quei siti dove fino alla fine degli anni sessanta ed inizi settanta si sono potuti realizzare stabili a cinque-sei piani, perché lo strumento urbanistico di quel tempo lo permetteva, ha trovato attuazione una certa quantità di alloggi che ha soddisfatto l’esigenza abitativa grazie ad un ampio indice di copertura, che unito alle altezze elevate, ha prodotto però una enorme massa volumica.
Con l’entrata in vigore di normative che ricercavano una costituzione di rapporti più equilibrati per il tessuto edilizio antico, negli anni settanta, il numero dei piani da realizzare si è ridotto a tre e l’attuazione volumetrica massima è stata di cinque metri cubi al metro quadrato. Questa differenza di applicazione, tra quanto è stato edificato in precedenza e quello che ne è scaturito dopo, non ha giovato del tutto all’aspetto paesaggistico del Borgo di Gallipoli, perché su alcuni lotti di terreno insistono palazzi con un numero maggiore di piani rispetto ad altri edifici meno elevati. Ciò ha generato differenze di altezze che, rispetto all’organizzazione urbanistica di più antica realizzazione, non risultano del tutto confacenti all’equilibrio urbanistico-ambientale, anche se tutto si riassume, poi, all’interno della scala macroscopica del grattacielo.
Verso la periferia non manca l’esempio di qualche villa di recente costruzione, dotata di murature esterne rotondeggianti o di spigoli smussati, calibrata sia dal punto di vista delle proporzioni, che delle iniziative stilistiche. In alcuni edifici di nuova concezione si può appurare la presenza di ampie terrazze inserite nelle facciate dei piani intermedi e di giardini curati al piano terra, spazi efficaci per i momenti di tranquillità e di relax.
L’impiego degli indici volumetrici che si riscontra nelle località destinate alla ricezione turistica (Baia Verde e Rivabella) risulta più congeniale all’estensione dei luoghi, anche se comunque si riscontra la presenza di qualche edificio dall’altezza elevata contrastante con quelli più bassi realizzati nella maggior parte dell’ambiente circostante e dotati di spazi adibiti a curati giardini.
In tale contesto urbano di tipo balneare sono state attuate architetture che hanno rivalutato la funzionalità dei prospetti all’interno dell’insieme paesaggistico.
Molte abitazioni sono dotate di archi a tutto sesto, a sesto ribassato o policentrico, che consentono di originare elementi geometrici compositi più vicini alla fisionomia propria delle costruzioni ad altezza limitata e con armonici giochi di pieni e di vuoti, propri dell’architettura dei paesi che si affacciano sulle rive soleggiate del Mediterraneo.
Cosimo PALESE