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L’articolo di questo numero vuole mettere in evidenza una vicenda gallipolina che appare a tutti gli effetti inconcepibile, cercando da un lato di narrare i fatti più significativi, dall’altro di ipotizzarne un possibile inquadramento giuridico.
La Baia Verde di Gallipoli (località turistica che, negli ultimi 30 anni, ha visto una progressiva crescita in termini di insediamento edile e di frequentazione turistica) è caratterizzata dalla presenza di svariate oasi di c.d. macchia mediterranea. In particolare, la strada che costeggia la spiaggia è affiancata da alcuni chilometri di questa tipica vegetazione, che cresce su fondo sabbioso: all’interno della Baia Verde, alcune di queste aree in quanto protette, sono sopravvissute alla massiccia edificazione, creando un’ampia zona di verde tra la litoranea e la prima strada adiacente alle costruzioni, “spezzata” soltanto dalla piazzola antistante il Lido Baia Verde (situata più o meno in posizione centrale).
Da sempre, queste isolette verdi vengono attraversate dagli abitanti della Baia Verde e dai turisti al fine di accedere alla spiaggia, consuetudine che, sino a poco tempo fa, risultava incontrastata. Neppure l’installazione di un monumentale guard-rail (il quale appariva oggettivamente sovrabbondante, specie con riferimento al lato interno alla località balneare), aveva mai scoraggiato l’attraversamento dei villeggianti i quali, continuavano ad utilizzare sia una stradina sabbiosa non “chiusa” dalla barriera di protezione, sia altre stradine (scavalcando il guard-rail, pur con notevoli disagi e pericoli per i meno abili).
Le zone in questione, in particolare, sono aree protette S.I.C. (Siti di Interesse Comunitario) e Z.P.S. (Zone di Protezione Speciale), non edificabili e non coltivabili. Alla luce di tale inconfutabile dato, pertanto, ha destato enorme sorpresa nei “baiaverdini”, scoprire che il tratto di macchia mediterranea fosse proprietà privata e non pubblico demanio.
Il fatto che queste zone di intermezzo siano di qualcuno, di per sé, non cambierebbe il senso delle cose, sennonché, il proprietario (dopo 30 anni) è uscito dall’ombra decidendo di impedire l’utilizzo delle stradine sabbiose a chiunque, dapprima utilizzando alcune scritte in rosso sui guard-rail e poi passando ai fatti.
Dallo scorso mese di luglio, questi ha dapprima chiuso un accesso alla stradina sabbiosa principale, facendo scaricare mattoni e detriti di vario genere. Tale iniziativa si presentava non soltanto pericolosa, considerata la tipologia dei materiali utilizzati (le zone non sono recintate da un muro, ma accessibili da chiunque), bensì anche eseguita in assoluto dispregio del patrimonio floristico, faunistico ed ambientale protetto (come detto, trattasi di aree S.I.C e Z.P.S.), tant’è che il Comune di Gallipoli emanava un’ ordinanza di sgombero dei materiali e ripristino dello stato anteriore, che risulta ancora inottemperata.
Poiché gli abitanti della Baia Verde ed i turisti, però, continuavano ad attraversare la vegetazione utilizzando in particolare una stradina sabbiosa storica (uso trentennale), superando il blocco costituito dal monumentale guard-rail, il possidente decideva di chiedere l’ausilio delle Forze dell’Ordine: il 21 luglio scorso, in particolare, la Polizia si appostava sulla litoranea all’uscita del viottolo, effettuando l’identificazione degli ignari avventori. Dalla fine di luglio, inoltre, il proprietario assumeva addirittura dei body guards, che si posizionavano presso gli accessi alle stradine in questione, con il compito di invitare i turisti a non attraversare la boscaglia. Faceva infine realizzare, tra i rami della vegetazione (protetta !), delle orripilanti ragnatele con nastro e reti di plastica da costruzione, al fine di impedire di fatto l’attraversamento da altre stradine sabbiose.
Terminando il breve escursus sui fatti, visto e considerato che appare assolutamente ininfluente cercare di fare ipotesi sulle motivazioni sottese a tale accanimento, esaminiamo la fattispecie sotto il profilo strettamente giuridico.
Le stradine di sabbia in questione potrebbero considerarsi servitù di passaggio, trattandosi, ai sensi dell’art. 1027 c.c., di pesi imposti ad un fondo (c.d. fondo servente), per l'utilità di un altro fondo (c.d. fondo dominante), appartenente a diverso proprietario. La costituzione delle servitù, difatti, non avviene solo a seguito di un atto costitutivo, imposto dalla legge (c.d. servitù coattiva) o dall’uomo (c.d. servitù volontaria), ma, ai sensi dell'art. 1061 c.c., anche per usucapione, ovvero per effetto dell’esercizio ininterrotto di tale diritto per un certo periodo di tempo (20 anni). Nel caso in questione, pertanto, in carenza di valide interruzioni, l’usucapione della servitù risulterebbe di gran lunga avverata, considerato che l’utilizzo nel corso del periodo estivo, si protrae da oltre 30 anni.
Qualora, viceversa, tale situazione giuridica non fosse o non si ritenesse realizzata, gli elementi posti in evidenza consentono, in ogni caso, di affermare la sussistenza dei presup-posti per imporre una servitù c.d. di pubblico transito (a piedi).
Il Comune di Gallipoli, difatti, risultando dimostrata la preesistenza dell’utilizzo pubblico delle stradine sabbiose all’interno del terreno privato (presupposto necessario per l'esercizio della potestà di autotutela possessoria da parte del Sindaco), potrebbe emanare un provvedimento ordinando al privato proprietario di lasciare aperte una o più stradine sabbiose al fine di consentire, durante il periodo estivo, il pubblico accesso alla spiaggia.
Il Comune, inoltre, dovrebbe ordinare al proprietario di tenere pulite le aree in questione sia per ragioni di salute ed incolumità pubblica (essendo accessibili da chiunque, anche all’interno), sia per evitare il deturpamento di aree protette.
Si tenga conto che, le stradine sabbiose in questione hanno avuto per oltre 30 anni la funzione di agevolare l’accesso verso la spiaggia agli abitanti ed ai villeggianti della Baia Verde, non soltanto perché abbreviano il percorso ma anche perchè il loro utilizzo è da sempre utile a determinate categorie di persone (anziani, bambini, ecc.), essendo divenuto addirittura indispensabile negli ultimi anni, allorquando la caoticità della località balneare è aumentata e di conseguenza anche il traffico.
E’ l’Amministrazione Comunale, dunque, la quale non può in alcun modo avallare l’atteggiamento del proprietario, che avrebbe il dovere di risolvere la descritta vicenda. Gli Uffici comunali, difatti, non possono ricordarsi della Baia Verde solo in sede di riscossione dei cospicui tributi locali, considerato che la località balneare risulta già pesantemente penalizzata dalla carenza di valide infrastrutture.
L’assenza di marciapiedi, di percorsi a piedi e di collegamenti, sia internamente alla località balneare sia sulla litoranea, nonché l’assenza di aree parcheggio gratuite (ogni lato stradale interno è utilizzato per posteggiare), comportano notevoli rischi per chi (specie persone anziane, bambini, mamme con i passeggini, turisti che trasportano attrezzature da mare, ecc.), dovendo raggiungere le uscite carrabili, si ritrova pericolosamente a dover fare lo slalom tra le vetture ed i motocicli in movimento.
Il Comune di Gallipoli, in conclusione, avrebbe l’obbligo giuridico di tutelare i residenti ed i turisti, non solo cercando di risolvere il problema transattivamente con il privato, ma anche ponendo in essere quelle opere infrastrutturali (aree di sosta, sottopassi, percorsi ed attraversamenti pedonali…) necessarie a garantire il tranquillo e sicuro accesso alla spiaggia.
Quanto esposto costituisce l’ interpretazione giuridica che ho dato ad una vicenda avvenuta nel territorio di Gallipoli; qualsiasi ulteriore opinione, anche discordante, sarà ovviamente ben accetta come contributo alla risoluzione effettiva del problema.
Giuseppe VINCI