Quale futuro ci attende?

L’estate 2008 è caratterizzata dai continui allarmi sull’aumento del costo della vita, in particolare per gli alimenti di prima necessità come pane, pasta, riso, patate che stanno conoscendo rincari del 20/30%,  per i combustibili come benzina, gasolio, metano e per i costi astronomici raggiunti dalla luce elettrica.
Gli aumenti di prezzo dei cereali si spiegano con l’accresciuta richiesta di tali beni che molti Stati utilizzano per produrre carburante (bioetanolo), in particolare il Brasile dove il biodisel  raggiunge una percentuale d’uso del 55% ma anche l’ Europa, specie la Svezia, Paese leader nel settore ma anche la Germania, la Francia, la Spagna e numerosi altre nazioni della zona settentrionale del nostro Continente.
L’Italia è il terzo produttore europeo di biodiesel, il carburante ricavato dai vegetali, ma invece di utilizzarlo al posto del petrolio lo esporta totalmente o al massimo lo miscela in bassissima percentuale (5%) al gasolio tradizionale.
Quindi come sempre siamo i soliti furbi; ci becchiamo i rincari provocati dal mercato europeo e mondiale relativi ai cereali ma non abbiamo ancora cominciato la riconversione del parco automobilistico e del sistema di distribuzione del carburante per l’utilizzo di tali prodotti agricoli che ci farebbe fare notevoli passi avanti dal profilo della riduzione dell’inquinamento atmosferico, a vantaggio della salute, riducendo inoltre la nostra dipendenza dai Paesi produttori di greggio ed il passivo della bilancia dei pagamenti.
L’aumento del costo del petrolio deriva invece dal fatto che i nuovi Stati emergenti come la Cina e l’India, in piena espansione industriale, ne fanno una richiesta massiccia incuranti del prezzo da pagare, sicuri che il loro prodotti resteranno sempre competitivi sui mercati mondiali a causa del basso costo della mano d’opera, delle scarse tutele sociali offerte ai lavoratori e delle quasi inesistenti misure di protezione ambientale che hanno ridotto la Cina ad uno dei paesi più inquinati del mondo e la capitale Pechino nel luogo dove l’aria è meno respirabile, come ci dicono i resoconti giornalistici delle Olimpiadi.
Se non viviamo sulle nuvole o nel mondo dei sogni, tutto questo significa che il costo degli alimenti di prima necessità e quello dei combustibili, andrà sempre più aumentando, provocando sconquassi nel terzo mondo con milioni di affamati e quindi profughi e pesanti ripercussioni in Occidente, Europa e Stati Uniti compresi, ma devastanti in Italia che è uno dei Paesi occidentali meno attrezzati per far fronte a tale cambiamento epocale.
Ed il sud Italia ed in particolare il Salento come sta messo?; ad un’osservazione superficiale direi bene in quanto, a parte qualche generica lamentela per l’aumento dei costi, quasi nessuno si è posto seriamente il problema, insiste a ragionare con i vecchi schemi e continua quindi tranquillamente a dormire pensando alla propria pancia ed osservando scrupolosamente e quotidianamente il proprio ombelico.
Imperano le varie sagre della pittula, della frisa, della scapece, del vino e della birra spacciate come momenti di aggregazione sociale e di scambio culturale tra popolazione autoctona e forestieri e per questo spesso sponsorizzate dagli Enti pubblici salvo poi lamentarsi che la finanziaria riduce le risorse per la Cultura e la promozione del territorio.
I vari Suv o fuoristrada sono ancora numerosi, segno che l’immagine esteriore e la forma contano molto di più del prezzo del carburante, anche a costo d’indebitarsi.
I vari esponenti politici si preoccupano invece di costruire nuove strade e di fronte all’avanzata del federalismo, in particolare quello fiscale, non di capire come funzionerà e di conoscerne vantaggi e svantaggi, ma di garantirsi con sperimentate lamentele e classici pianti greci che i riversamenti verso il Sud, eterno beneficiario di sussidi, non diminuiscano in maniera rilevante.
Insomma per sintetizzare il Titanic affonda ma sul ponte della nave si continua a ballare al suono dei ritmi più sfrenati  a cui si è aggiunta in questi ultimi tempi anche la pizzica, espressione e vanto della nostra salentinità.
Tornando sulla terra c’è da considerare però che la mobilità del Salento è basata quasi esclusivamente sulla macchina; i nostri illuminati rappresentanti politici hanno infatti avuto sempre un’incrollabile fiducia nell’inesauribiltà ed economicità del petrolio, per cui non si sono minimamente preoccupati di pianificare e realizzare, in un territorio quasi completamente pianeggiante, un sistema di trasporto pubblico, specie su rotaia, capace di collegare le numerose città e paesi della provincia.
Vi siete mai posti il problema di come raggiungere ad esempio Gallipoli da Parabita con un mezzo pubblico?; per un tragitto di appena 12 Km impiegherete più di un’ora e se partite il pomeriggio rischiate di dovervi fermare in albergo la notte e riprendere il treno il giorno dopo.
Per prender poi il treno a Lecce ed essere collegati così al resto d’Italia, la maggior parte delle volte si deve usare la macchina per raggiungere il capoluogo, perché non coincidono gli orari delle Ferrovie Sud – Est e quelli di Trenitalia.
Adesso consideriamo la situazione di un’insegnante  che si deve recare ogni giorno per esempio a Tricase, dove ha ottenuto la cattedra, da Nardò o da Sannicola; i soldi dello stipendio serviranno in buona parte per pagare l’automobile, tra costi del carburante che sicuramente nel corso dell’anno arriverà a due euro, assicurazione, bolli, riparazioni e sostituzioni di pezzi rotti o usurati (gomme, freni, cambio olio).
Lo stesso discorso vale per i rappresentanti, le migliaia di impiegati che quotidianamente si spostano da casa per raggiungere il posto di lavoro, gli artigiani, le imprese di costruzione, tutti coloro che trasportano merci e generi alimentari, i lavoratori agricoli, il comparto della pesca… e via di questo passo.
Si dovrà inventare ed impostare un nuovo modo di vivere e noi del Sud dovremmo avere più fantasia degli altri per colmare tutte le lacune e disfunzione che una politica furba e vorace, incapace di prevedere un minimo scenario futuro, ci ha lasciato in eredità.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale che dobbiamo compiere, innanzitutto nella nostra testa e poi nelle abitudini e nei comportamenti quotidiani; quanto prima si comincia a pensare a questo cambiamento tanto meglio saremo preparati ad affrontarlo.
Certo è finita l’epoca del consumismo sfrenato, dell’usa e getta che si è purtroppo esteso anche ai rapporti affettivi ed interpersonali.
Non è detto che questo cambio sia negativo, soprattutto se ritornerà al centro la persona, l’individuo e non l’oggetto o la merce come è stato sinora, almeno è questo lo scenario che mi auspico, anche se nel breve e medio periodo ci saranno rinunce, sacrifici e nuove povertà, superabili però con una rinnovata solidarietà.
L’altro scenario che non mi auguro è invece quello che si potrebbe sviluppare per contrastare la concorrenza dei Paesi industriali emergenti, adeguandosi ai loro sistemi: perdita dei diritti democratici e delle protezioni sociali, patrimonio secolare della nostra cultura europea, regimi autoritari per evitare scioperi e contestazioni , scadimento della qualità della vita ed ulteriore inquinamento ambientale, disprezzo per l’esistenza e la salute dell’individuo, valore supremo dato alla merce ed al mercato.
Si potrà evitare tutto questo?; non ho la bacchetta magica e quindi la risposta , ma l’unica cosa che posso dire è che ciascuno di noi deve cominciare a sentirsi responsabile dei destini del mondo e della propria terra, smetterla di sentirsi furbo per prevalere o fregare gli altri, perché questa è una strategia di morte e non di vita.
Quindi consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda, per evitare di essere travolti da qualcosa che stupidamente ed ipocritamente non ci aspettavamo.

Fredy SALOMONE