Il porto di Gallipoli: un processo travagliato - parte IV

Completati i lavori più urgenti, che finalmente fornivano al porto di Gallipoli un aspetto più razionale ed efficiente, si poteva ora dare corso ad una nuova fase di sviluppo delle infrastrutture portuali pensando ad ulteriori miglioramenti ed ampliamenti.

Tra gli ampliamenti ipotizzati, certamente quello che assume maggior rilievo è l’opera relativa alla realizzazione del congiungimento, mediante un ponte ad arcate, delle due sponde portuali, cioè quella della banchina di terra (banchina al Lido) con l’altra che forma il molo isolato (banchina addossata allo scoglio della Nave). (40)  

Il ponte di congiungimento tra la terraferma (banchina al Lido) e il molo isolato venne ideato come coronamento delle banchine esistenti; esso avrebbe avuto anche lo scopo di fornire ulteriore possibilità di ormeggio a quei bastimenti che avrebbero effettuato nel porto brevi soste. (40)

Le fasi della progettazione, sviluppate a cura del Regio Genio Civile - sezione di Lecce sulla base delle indicazioni fornite dal relativo progetto di massima, culminarono con la compilazione del progetto definitivo a firma dell’ingegnere Capo Enrico Ioni, recante data del 12 febbraio 1880. (41)

Invero, la realizzazione del ponte fu alquanto dibattuta: si ipotizzava, infatti, che le progettate strutture di collegamento potessero avere un impatto negativo sul porto stesso, per paura di interramenti da esse provocati; tale ipotesi successivamente venne ritenuta priva di fondamento logico, in quanto il ponte in questione, se pur costruito sul braccio di mare rivolto a ponente localizzato tra la città ed il molo isolato, lasciando libero corso alle correnti (che potevano fluire liberamente nel bacino portuale), non avrebbe potuto essere causa di un eventuale futuro interramento. (40)

La previsione di spesa per la realizzazione dei relativi lavori ammontava a circa lire 220.000,00.  

Però, poiché con il fondo stanziato con il precedente provvedimento di legge n° 4430 dell’ 8 giugno 1868 (quello relativo alle opere di completamento del porto) era rimasta ancora a disposizione la somma di circa lire 80.000 da utilizzarsi per l’opera del porto, si propose agli Organi Governativi di voler provvedere ad un minor stanziamento pari a circa lire 140.000. (42)  

L’appalto dei relativi lavori venne assegnato alla ditta del sig. Giuseppe Simone, con contratto stipulato in data 9 marzo 1881, per un importo complessivo di lire 162.220 circa. (43)

In particolare, con l’appalto predetto si provvedeva all’esecuzione delle opere seguenti:
costruzione di una scogliera di difesa a prolungamento di quella già esistente verso ponente presso lo scoglio della Nave; (43)
scavo del fondo del mare e costruzione sull’area scavata di un ponte in muratura, con relative spalle a rampa, per il congiungimento della banchina al lido con quella del molo isolato. (43)

Per ciò che riguardava la messa in opera dei lavori della scogliera artificiale, prevista come prolungamento di quella già esistente verso ovest per ulteriori 35 metri, questa sarebbe stata costituita, poi, con blocchi naturali di tufo reperiti in loco e provenienti dallo scavo per i lavori del ponte in muratura. (43)
I massi che si trovavano sul fondo del mare sarebbero stati ridotti in pezzi con l’uso di mine o altri mezzi, salpati e depositati a formare la scogliera voluta.      
Per ciò che riguarda la costruzione del ponte, esso sarebbe stato costituito da 7 arcate, comprese le corrispondenti pile e spalle, ed avrebbe avuto una lunghezza da sponda a sponda  di  circa 70 metri  ed  una larghezza di circa 10 metri, mentre ogni arcata avrebbe avuto una corda di circa 7 metri.        
Le murature di rinforzo sarebbero state portate fino al piano delle superfici esterne degli archi, sulla sommità delle quali, dal lato mare verso ovest, sarebbe stato innalzato un muraglione di riparo che si sarebbe innestato anch’esso al fortino di S. Giorgio.      
Le dimensioni di detto muraglione sarebbero state di larghezza di base pari a 2 metri, altezza di circa 2,15 per tutta la lunghezza del ponte. (43)
Per le fondazioni del ponte, si sarebbe proceduto poi ad uno scavo subacqueo estraendo dal fondo del mare fango, sabbia,alghe e sassi sino a raggiungere il terreno compatto di natura argillosa che si trovava alla profondità di circa 3,40 metri.
Detto scavo fu eseguito mediante l’uso di mulinelli e con l’ausilio del palombaro. (43)
Per l’innesto delle nuove murature del ponte alle due banchine preesistenti, si sarebbe proceduto alla demolizione delle relative sponde ed eseguito lo scavo subacqueo per ricavare l’area sufficiente alla formazione delle due testate e a gettare le relative paratie in legno (di abete) di fondazione colmate di calcestruzzo pozzolanico.
Le banchine esistenti, trovandosi a quote più basse rispetto al piano stradale del ponte, sarebbero state raccordate ad esso mediante due lievi rampe d’accesso rifinite, sul lato della banchina al lido, da un piccolo piazzale posto di fronte al fortino S. Giorgio completo di parapetti e, sul lato della banchina del molo isolato, dalla continuazione della rampa stessa sino al muraglione di difesa, e da quel punto avrebbe continuato addossato al muraglione predetto.
La parte carreggiabile delle rampe sarebbe stata costruita come le strade ordinarie, ossia con massicciata di pietrame e bucciame calcareo ricoperto da uno strato di tufo.

Nelle riproduzioni di figura 17 e 18 sono riportati gli elaborati grafici relativi al progetto di massima e nella foto di figure 19 lo stato dei luoghi attuale.

Ulteriori lavori vennero eseguiti sulla struttura del ponte verso la fine dell’800, con appalto affidato alla ditta del sig. Saverio Sticchi in data 18 novembre 1898.(44)
Nel particolare, le opere appaltate si riferivano all’ampliamento e la modifica delle due arcate iniziali alle estremità del nuovo ponte per rendere le stesse sufficientemente alte da consentire il transito delle piccole imbarcazioni.



Fig. 17- Vista della sezione trasversale delle opere per il ponte (ACS, Min. dei Lav. Pubb.  b. 538)


Fig. 18 – Progetto di massima per la realizzazione del ponte tra la banchina isolata ed il fortino S. Giorgio (ACS, Min. dei Lav. Pubb.  b. 538)

Fig. 19 – Stato attuale del ponte; veduta del prospetto interno lato porto

Le opere accessorie del porto: La secca Rafo

Nell’anno 1868, dopo la fine dei lavori di completamento del porto, cioè quelli dell’appalto Cimino, che permisero la realizzazione del molo isolato e buona parte della banchina sotto le mura della città, facendo seguito alle richieste del Ministero della Marina (di cui si è accennato in precedenza a proposito dei lavori del 2° lotto), venne commissionato alla ditta Simone, con un provvedimento in economia, un segnalamento per la secca Rafo, da realizzarsi mediante una boa in legno (una sorta di basso parallelepipedo a pianta quadrata tipo cassa), compreso il suo collocamento a mare, al prezzo di lire 8.270,74. (45)
La soluzione della boa in legno, però, si dimostrò poco efficace sia per la forma sia per il materiale di costruzione; infatti la boa veniva facilmente danneggiata dal mare ed aveva vita breve.       

Intanto, con l’intento di dare definitiva sistemazione alla problematica della secca Rafo, dalla Sezione provinciale del Genio Civile, intorno all’anno 1872, veniva avanzata una ipotesi progettuale secondo cui la secca avrebbe dovuto essere segnalata tramite un pilastro in muratura.
La realizzazione di questa opera presentava però varie difficoltà di ordine pratico e, pertanto, il disegno originale venne modificato a favore di soluzioni più semplici, proponendo la segnalazione della secca mediante un getto di scogli naturali emergenti dall’acqua.

L’idea di segnalare la secca Rafo con opere in muratura o con scogliera artificiale però venne bocciata dal Ministero dei Lavori Pubblici che, con voto del 10 febbraio 1873, decideva per il segnalamento dei bassi fondali mediante un galleggiante a campana, ossia di una boa. (46)

Rendendosi necessaria la sostituzione della esistente boa di legno, nell’anno 1874, inizialmente si pensò di avvicendarla ancora con una boa analoga alla preesistente e a questo scopo venne predisposto l’ordine alla ditta Pinto (la stessa ditta che all’epoca eseguiva gli interventi di manutenzione ordinaria delle opere portuali) per un importo di circa 7.526 lire (46); questo appalto, in realtà, non fu mai assegnato, essendo intervenuto un chiarimento da parte dell’ufficio Centrale del Genio Civile con il quale si optava per la sostituzione del segnalamento con  una boa in ferro. (47)

La fornitura della nuova boa in ferro venne affidata (dicembre 1876) alla ditta del sig. Tommaso Pattison di Napoli per l’importo di circa 7.322 lire, (47) che realizzò la boa secondo il disegno (47) riprodotto in fig. 20.

La consegna e la collocazione della stessa ebbe luogo nell’agosto del 1877, ma subito iniziarono i problemi poiché il “miraglio” (parte superiore su palo) della boa era troppo pesante e ne comprometteva l’equilibrio.

Fu necessario rimuovere il tutto e sottoporre la struttura ad opportune modifiche, consistenti essenzialmente nell’aggiunta di adeguata zavorra, come mostrato nei particolari della fig. 21. (47)


Fig. 20 – Progetto primitivo della boa in ferro per la segnalazione della secca Rafo (ASL, Genio Civile  b.147  f. 836)

Fig. 21 – Particolari costruttivi delle modifiche necessarie alla boa in ferro per la segnalazione della secca Rafo     (ACS, Min. dei Lav. Pub.- Porti 1872/1900  b. 643)

La definitiva sistemazione della boa in ferro ebbe luogo nell’estate del 1878, con circa un anno di ritardo sugli originali tempi di consegna.

Con il posizionamento della boa di ferro, che nei successivi anni del ‘900 sarebbe stata dotata anche di una segnalazione luminosa a gas, non ebbero fine le richieste e le proposte per migliorare la sistemazione di questa area, che ormai era divenuta così vicina all’imboccatura del porto, tanto da costringere i più grossi bastimenti a vapore che ivi transitavano ad effettuare una larga curva verso nord/nord-est per evitare la secca medesima.       

Ecco, quindi, riaffacciarsi nell’anno 1885 l‘idea dello spianamento della secca a colpi di dinamite o, in alternativa, come già richiesto in precedenza, nel voler procedere alla creazione di una scogliera artificiale sulla quale apporvi eventualmente un piccolo faro ed un attracco di manovra. (47)
In fig. 22 e 23 si riproducono gli elaborati grafici relativi alla questa proposta, comunque non presa in considerazione per gli alti costi di realizzazione.

Fig. 22 – Pianta della scogliera naturale per la sistemazione della secca Rafo (ACS, Min. dei Lav. Pub.- Porti 1872/1900  b. 643)

Fig. 23 – Sezione trasversale della scogliera naturale per la sistemazione della Secca Rafo  (ACS, Min. dei Lav. Pub.- Porti 1872/1900  b. 643)

Nell’anno 1899 si tornò nuovamente a parlare di estirpazione della secca, perché era considerata la soluzione migliore anche se troppo dispendiosa; infatti, gli oneri di spesa preventivati per attuare detta ipotesi sarebbero ammontati ad circa 1 milione di lire, cifra decisamente elevata per l’epoca.
Oltre che per i motivi economici, questo proposito venne abbandonato anche per ragioni tecniche poiché si ritenne che non avrebbe risolto l’inconveniente, sostituendo la secca comunque con un basso fondale. (48)        

Poco prima, nel secondo semestre del 1888, venne avanzata anche la proposta più strana e dispendiosa che si potesse ipotizzare per il superamento dell’annoso problema.       
La sezione provinciale del Genio Civile, forse fortemente influenzata dalle opinioni dell’ing. G. Franco che sin dal 1871 trasmise al comune di Gallipoli un analogo progetto (49) (progetto favorevolmente accolto a livello locale, ma tenacemente avversato a livello governativo), predispose, per sottoporla a successiva autorizzazione, la documentazione con cui si prevedeva la costruzione di una diga foranea che dall’estremità del molo isolato sarebbe giunta sulla secca Rafo inglobandola.     
Nella fig. 24 è riportata la pianta planimetrica del relativo piano generale. (50)     
Il grandioso progetto preventivava una spesa di circa 2.390.000 lire; spesa ritenuta esorbitante a cui gli Enti interessati ad operare miglioramenti alle strutture portuali non avrebbero potuto far fronte ed, in conseguenza di ciò, anche questa proposta venne bocciata.

Alla fine, la soluzione migliore e anche la più economica, arrivata sino a noi e tuttora utilizzata, continuava ad essere quella del segnalamento dei bassi fondali della secca Rafo a mezzo di boa, nella versione più aggiornata dotata da un segnale luminoso intermittente.

Fig. 24 – Piano generale per la realizzazione di un molo congiungente la secca Rafo al molo esterno (ASL, Genio Civile b. 151  f. 856)

Le opere accessorie del porto: Il faro di S. Andrea

Contemporaneamente alla realizzazione dei lavori del porto, veniva progettato e poi edificato un faro costiero di 3° ordine sull’isola di S. Andrea antistante la città di Gallipoli (fig. 25).

La costruzione del faro venne ordinata dal Ministero dei Lavori Pubblici nel 1862, affidandone il compito della progettazione e della realizzazione al Corpo Reale del Genio Civile (sezione di Lecce).
L’ingegnere capo governativo Ferdinando Primicerio incaricò l’ingegnere ordinario di 3a classe Filippo Pinto di redigere un progetto per il faro dimensionato per dare sistemazione a due faristi e relative famiglie, concluso ed approvato il 24 ottobre dello stesso anno.

Si diede subito il via alle procedure della gara di appalto dei lavori in progetto sulla base della somma valutata preventivamente in Lire 94.634,66 con apposito estimativo.
L’appalto dei lavori fu assegnato alla ditta di Francesco Pinto, che era risultata migliore offerente con un’offerta di l’importo pari a Lire 54.945.
L’impresa firmò il contratto l’11 novembre 1863 e cominciò a ricevere i pagamenti con le rate del 15 maggio 1864 (Lire 15.748,90), del 3 agosto (Lire 15.450) e del 14 novembre successivo(Lire 11.340), del 4 febbraio 1865 (Lire 5.650) e del 1° settembre dello stesso anno (Lire 5.000).

Nel relativo contratto fu stabilito che il termine di ultimazione dei lavori doveva essere entro 18 mesi dal loro inizio e che ogni parte dell’opera doveva essere eseguita con precisione, in caso contrario, le strutture contestate sarebbero state demolite.

Con l’avvio dei lavori del corpo di fabbrica del faro, il Corpo Reale del Genio Civile approntò anche un progetto per la realizzazione di due scali per le barche sull’isola, unitamente alla costruzione di una stradina di collegamento tra gli scali medesimi ed il faro..

Nell’autunno del 1865 furono eseguite anche le opere per la realizzazione dei due scali, appaltate a trattativa privata alla ditta Pinto per la somma di Lire 1975,2.

Nel 1875 si manifesto l’esigenza di effettuare degli ampliamenti, soprattutto per creare nuovi alloggi per un terzo farista.
L’appalto dei nuovi lavori venne vinto dal signor Luigi Galluni che in merito aveva formulato un’offerta pari a 12.500 lire.
Per la fondazione dei nuovi muri dei nuovi fabbricati fu tagliata e spianata la roccia, vennero demolite vecchie murature per creare tre vani comunicanti con il corpo di fabbrica già esistente.
Il nuovo fabbricato venne, infine, dotato anche di una cucina con camino.

Nell’autunno dello stesso anno (1875) vennero completate le due strade di accesso al faro che collegano i due approdi di levante e di scirocco; il relativo contratto d’appalto venne stipulato il 23 settembre (1875) con l’impresa di Bonaventura Valacca di Gallipoli per la somma di Lire 10.890,84.

La prima struttura luminosa montata sul faro (ottica rotante) era costituita da un apparecchio catadiottrico, con riflettore sferico di rame argentato, lanterna con lampada ad olio vegetale ed accessori forniti dalle ditte Sautter e Le Monnier di Parigi, il tutto montato su una colonnetta in ferro con piastra incastrata nel pavimento ed assicurava una portata di circa 15 miglia nautiche.
Nel 1889 la lampada ad olio vegetale venne sostituita con lampada a petrolio fornite dalla ditta francese Lepaute che migliorarono la portata del faro, con atmosfera limpida, a circa 18 miglia nautiche

Dopo gli interventi predetti, il faro, ha subito pochissime modiche delle strutturale e degli equipaggiamenti, tranne un ulteriore adeguamento del sistema di alimentazione della lampade per il funzionamento a gas, rimanendo in attività fino al 1973, dotato di un congegno a sei lampeggianti (fig. 26).

Declassato a semplice fanale lampeggiante, dal 1973 è rimasto in stato di abbandono fino alla fine del 2005, quando su intervento del sottosegretario alla difesa, il senatore Rosario Giorgio Costa, sono stati avviati i lavori di ristrutturazione e riqualificazione funzionale della struttura.

Alle 18.15 di domenica 26 marzo 2006, con una suggestiva cerimonia, il faro è tornato a risplendere, grazie ad una lampada da 1000 Watt alimentata da pannelli solari.

La sua portata oggi è di quasi 20 miglia marine e conta due fasci luminosi della durata di 2 secondi, ad intervalli di 2,3 e 7,3 secondi.

L’intervento di recupero strutturale, eseguito dall’impresa Jonio Sud, è costato 180 mila euro, interamente a carico del Ministero della Difesa.

Fig. 25 – Faro costiero dell’isola di S. Andrea

Fig. 26 - Particolare dell’ottica

(40)  Archivio di Stato di Lecce; Prefettura serie I versamento II, b.157  f. 1021
(41)  Archivio Centrale dello Stato (Roma); Min. di Lav. Pubblici – Opere idrauliche, porti – b. 538
(42)  Archivio di Stato di Lecce; Prefettura serie I versamento II, b.158  f. 1022
(43)  Archivio Centrale dello Stato (Roma); Min. dei Lav. Pubblici – Opere idrauliche, porti – b. 538
(44)  Archivio di Stato di Lecce; Prefettura serie I versamento IV, b. 222  f. 1312
(45)  Archivio di Stato di Lecce, Genio Civile – b. 147  f. 836
(46)  Archivio di Stato di Lecce, Genio Civile – b. 147 f. 836
(47)  Archivio Centrale dello Stato (Roma); Ministero del Lavori Pubblici – Porti 1872/1900, b. 643  
(48)  Archivio di Stato di Lecce, Prefettura serie I versamento III, b.238 f. 1062
(49)  G. Franco  “Proposte di sistemazione del Porto Di Gallipoli”, Editrice Salentina  Lecce 1885
(50)  Archivio di Stato di Lecce, Genio Civile b. 151 f. 856

Caterina MINERVA