Una caratteristica rilevante dal punto di vista del patrimonio urbanistico del centro storico di Gallipoli è la corte o “curte”, spazio scoperto, collegato ad una via principale e circondato da edifici su tre lati, in cui si accede da un passaggio in comune tra gli abitanti che vi risiedono. Esempio di razionale ingegneria organizzativa ed ambientale, la corte fu ed è ancora utilizzata pienamente per la residenza di una parte della collettività cittadina.
Il sistema curtense urbano che si riscontra sembra che sia stato attribuito alla necessità fondativa di contenere un’organizzazione sociale ristretta, compresa tra le diverse proprietà che gli facevano corona e raramente nell’ambito di una sola.
Generalmente veniva denominato con i nomi più illustri dei proprietari che risiedevano nella contrada di appartenenza, quello della famiglia emergente dal punto di vista economico o che aveva avuto l’iniziativa di costruire la curte nell’area di sua proprietà.
La concezione del sistema curtense ebbe la sua diffusione verso la fine del Medioevo moderno ed il Rinascimento per la limitata disponibilità delle aree edificabili che caratterizzavano i centri storici compresi tra le mura cittadine. La sua organizzazione, anche se di modesta superficie, si può definire evoluta per il centro abitato e divenne un elemento urbano importante per i significati sociali che assunse.
La ‘curte’, rappresentando un’unità elementare ripetibile nello spazio urbano della Gallipoli antica, affermò la piena originalità del proprio sistema abitativo divenendo un’organizzazione tipica della cittadina, non disgiunta però dal vicinato, né estranea alla vita collettiva che si svolgeva prevalentemente all’esterno, accogliendo nel suo interno le tipiche tradizioni secolari, le arti e i costumi.
La sua ubicazione e il suo sviluppo avvennero in base alla scelte di principi fondamentali che tenevano conto di una logica abitativa improntata alla praticità ed alla funzionalità, basilare per tutto il contesto urbano al quale veniva legata da una diretta interdipendenza.
Espressione di un anticipato razionalismo architettonico, da cui scaturivano valori estetici e compositi essenziali, la curte si inserisce in un’epoca caratterizzata da avvenimenti storici, politici e culturali, in cui il prestigio e l’agiatezza di alcune famiglie permettevano loro di esercitare il potere, potendo decidere delle sorti dei più umili e dei non acculturati, che spesso dipendevano da loro per i bisogni correnti.
La curte per la sua spazialità configurativa può essere considerata una cellula dai caratteri ben definiti sia per quanto riguarda l’aspetto strutturale, che per quello formale, che la distinsero da altre concezioni abitative più evolute nell’urbanistica, ma non altrettanto funzionali dal punto di vista dell’aggregazione umana.
In essa si originava un ambiente di vita familiare, basato sul rispetto e sulla solidarietà, ricco di speranza e di aneliti che favorivano il fermento e l’operosità nella quotidianità della gente semplice ed affabile che la abitava.
La curte cittadina, realizzata nel cuore del centro urbano, si caratterizzava però non solo per gli aspetti sociali, ma anche per la nitidezza compositiva e per la correttezza strutturale, risultando nettamente distinta da quella rurale. Questa corrispondeva ad un complesso di case, generalmente semplici nello stile e spoglie da elementi ornamentali, unite in gruppo o distanziate, ma costituenti un’unità fondiaria che prendeva il nome da quello dei poderi cui apparteneva e che le facevano corona.
La curte rurale era caratterizzata da un’organizzazione economica, a volte chiusa, secondo la quale vi era soltanto lo scambio della produzione tra le diverse componenti contadine, altre volte aperta e rappresentata non solo dalla cessione dei prodotti agricoli per ottenerne altri nell’ambito ristretto della grande proprietà, ma anche da quello più ampio che avveniva attraverso la vendita fuori dalla realtà territoriale, secondo le consuetudini e gli accordi tra i diversi potentati.
La cosiddetta “architettura minore” che si riscontra nella maggior parte delle curti gallipoline può essere distinta anche da quella aulica che riguardava lo sfarzo dei palazzi gentilizi e ci aiuta a comprendere la maturità stilistica di un’epoca la cui urbanistica scaturiva dall’esigenza di un popolo che riteneva opportuno adattarla ai luoghi, con costruzioni libere da orientamenti funzionali complicati, ma idonee ad accogliere nuclei omogenei di persone per lo svolgimento di una vita essenziale condivisa dalle famiglie che vi risiedevano.
Oggigiorno, mentre gli interni dei vani che costituiscono alcune curti sono stati rifatti con l’impiego di materiali che danno origine ad ambienti più luminosi, gli esterni conservano ancora l’impronta originale che attira i visitatori ed avvalora la scelta positiva di ideazione avvenuta nei tempi remoti della loro costruzione.
Cosimo PALESE