Mormora dolcemente il glauco mare,
soffuso dei colori del tramonto,
i canti eterni tra gli abissi e il cielo,
inno alla vita.
Dal lontano orizzonte, al ciel protese
nello stanco scenario della sera
che confondendo tutto lenta scende,
tornan le vele.
Caro degli infantili sogni immenso
regno, che i primi accenti del cuor mio
ancor fanciullo udisti, ascolta l’ode
che ora ti canto.
Popolata la mente dai fantasmi
della mia sbrigliata fantasia,
cercavo di esplorare, ad occhi aperti,
mondi incantati.
Scorsi quegli anni ormai, svaniti i sogni
della gioiosa età, per risentire
le arcane tue note e spumeggianti
vengo ancora oggi.
Docile ti distendi sul sabbioso
lido, ove si dilettano i bambini
a creare viottoli e castelli,
subito rasi
dall’onda che inattesa sopraggiunge;
ma so anche che talvolta ti rabbui,
diventi minaccioso e all’uomo lanci
cupi presagi.
Salve, o mare! La tua ampia distesa,
da cui la fresca brezza della sera
a me sale briosa e m’avviluppa,
dolce contatto,
le vive aspirazioni, i desideri
fluttuanti, i reconditi motivi,
i ricordi a me cari accolga in questo
giorno che muore.
Dall’antica riviera te, almo mare,
fonte ricca di vita e di speranza
di tante braccia forti e laboriose,
guardo estasiato.
Salvatore D’AVERSA