Maria Rita Bozzetti, Il Dio che non parla, Pietro Manni Ed., Lecce, 2002, pp.
248 Prefazione di Donato Valli.
È una silloge di 242 liriche quasi tutte datate, che si snodano nell'arco di tre
anni, dal gennaio 1998 al novembre 1999. Costituiscono "brevi emozioni del
debole cuore", attraverso cui la poetessa si prefigge di recuperare una memoria
che ora è storica o autobiografica ora è metafisica o emotiva. Lo stile è a
frammenti, dal linguaggio puro e impressionistico. Si nota ricchezza di metafore
ben riuscite, donde sgorgano pensieri, sentimenti, stati d'animo, immagini
oniriche che scavano in un mondo interiore a mo' di diario, in cui è assai
evidente il desiderio sognante e fantastico dell'autrice di guardarsi dentro,
d'interrogarsi in un colloquio insistente con la sua anima innocente, nel
tentativo di oltrepassare la barriera del silenzio e toccare il cielo fino a
giungere a dialogare con l'Assoluto, con l'Eterno.
Maurizio Nocera, Il fanalista d'Otranto,
UM5, Gallipoli, 2002, pp. 48
Prefazione di Aldo Bello. Collana: "I poeti
dell'Uomo e il Mare".
Da poco l'autore sperimenta la sua vena poetica e ci riesce a misura della sua
abilità ad interpretare con autentico trasporto sentimentale la vera essenza
della realtà del nostro estremo Sud. Si tratta di un poemetto di 48 quartine,
stese e limate nelle lunghe e silenziose notti invernali, allorché numerose
passano in rassegna le immagini del Salento con la fantasia a volare sul
promontorio della Palascìa dov'è il faro d'Otranto. I versi narrano le vicende
della vita di sacrificio e solitudine del fanalista otrantino con lo sguardo
vigile costantemente rivolto verso il mare e le civiltà d'oriente. Affascinanti
le scene riesumate dalla storia: il colle di Minerva, il ceppo, gli ottocento
Martiri, la valle delle memorie, l'antico cenobio di S. Nicola di Casole con i
canti di monaci amanuensi. Interessante la citazione di Maria Corti.
Brana Sumanac, La poesia del vuoto, UM5,
Gallipoli, 2002, pp. 46
Prefazione di Augusto Benemeglio. Collana: "I poeti
dell'Uomo e il Mare".
Ripassando da Gallipoli il poeta serbo ci ha lasciato questo terzo libro di
poesie, in cui, come un eterno zingaro, è alla continua ricerca di un compagno
di viaggio su un tram traballante, sballottato "di qua e di là, attraverso il
mondo". Versi inquieti dunque per rinvenire ciò che è arcano, invisibile, il
vuoto appunto, che cerca comunque di riempire, sciamando come un'ape "da porta a
porta". Finché approda a qualche meta positiva dove può assaporare il dolce
calice della vita da cui succhiare il nettare della speranza. "Come potremmo
riempirci se il grembo del vuoto non esistesse?". Il vuoto non è il nirvana, il
distacco dal mondo, il silenzio, l'ombra, il nulla. Il vuoto è dove "germoglia
la domanda sulla vita e la morte". Solo svuotati del nostro io possiamo
riempirci d'amore, ossia di Dio. E vivere nell'ignoto ma fuori dal nostro
deserto si può, a patto però di rifugiarci nella preghiera, una flebile eco che
"si torce di gioia".
G. Franco Mosco, Gallipoli-Venerdì Santo
(Moviola per una processione), UM5, Gallipoli, 2003, pp. 48
Prefazione di
Giuseppe Leopizzi. Collana: "I poeti dell'Uomo e il Mare".
È davvero un libello interessante che mancava nella bibliografia locale. Merito
indiscusso dell'autore, da anni
confratello impegnato
storicamente e artisticamente,
ma tra i primi responsabili
della confraternita del
Crocifisso, a cui appartiene
l'onore e l'onere della
processione del Venerdì Santo o
dell'Urna di Cristo morto. Il
lavoro storico apre una finestra
per raccontare magistralmente
nei minimi dettagli un aspetto
non secondario delle nostre
tradizioni e raccoglie
minuziosamente tutte le
informazioni relative a questo
eccezionale evento: le origini,
i penitenti, l'abito dei
confratelli, la statua
dell'Addolorata, la statua di
Cristo Morto, la tomba, gli inni
sacri e le composizioni
musicali, la statuaria dei
Misteri, i diversi simboli della
processione, la stauroteca, lo
sfilare e il formarsi della
processione, il Calvario, i
trecento caricatori delle varie
bare. Chiude una ricca dotazione
iconografica.