Fu il vero artefice della caduta di
Gallipoli in quel lontano 19 maggio 1484, vale a dire 520 anni or sono,
per aver fatto credere ai soldati veneziani che l'ammiraglio della
Serenissima Giacomo MARCELLO era stato semplicemente ferito e che
'medegato el torneral a la fattion'.
Ma Giacomo MARCELLO non tornò più a la fattion perché colpito a morte
da un colpo di spingarda partito dal Fortino di San Giorgio ( o di San
Luca, secondo altri); e la notizia era stata tenuta nascosta ai soldati
veneziani per meglio disporli psicologicamente all'ultimo assalto che,
sotto la guida di Domenico Malipiero, determinò la caduta della Città,
la strage dei suoi cittadini e lo stupro delle donne che vinnera,
povereddhe, spergugnate.
Verso di grande effetto e di profonda tenerezza con cui il poeta
Giuseppe Marzo (1) copre delicatamente il pudore delle donne
gallipoline, costrette a subire violenza da parte della soldataia
veneziana.
E' evidente, e sotto certi aspetti anche giustificata, una certa
forzatura storiografica tendente a valorizzare il sacrificio delle
donne gallipoline che in verità in quei giorni scrissero sì una pagina
di muliebre fierezza e di limpido eroismo, ma nello stesso tempo furono
in gran parte risparmiate e protette per volere di Malipiero e del
Saguntino che, per tutelarle, le fecero trasferire dalla Cattedrale,
dove in un primo tempo si erano rifugiate, nelle Sale del Castello, per
poi restituirle ai familiari quando, trascorsi i primi giorni di
confusione, la situazione in Città andò normalizzandosi.
Di
qui il famoso disegno (perché non riprodurlo, magari facendolo
acquerellare?) che raffigura, appunto, la consegna delle donne
gallipoline ai propri familiari.
Quelle donne, ormai senza lacrime, che nella BALLATA di Gino PISANO'(2)
diventano mute per il dolore, tanto da suggerire al poeta un verso che
mirabilmente tramuta il virgiliano sunt lacrimae rerum in un novenario
solenne ed accorato, quasi sussurrato …..e piansero solo le cose.
Senza dubbio, la pagina più bella di quella lontana vicenda l'hanno
scritta due figure: la DONNA gallipolina e Giacomo MARCELLO. Figure
contrapposte nella battaglia ma unite nell'eroismo e nel sacrificio, e
congiunte dall'amor di Patria. Non si conobbero queste due figure : non
ne ebbero il tempo. Forse, passata la bufera, si sarebbero amate perché
entrambe segnate dalla nobiltà di un ideale.
Mentre ,alla figura pragmatica di Domenico MALIPIERO la Gallipoli del
1484 deve il ripristino dell'ordine in tempi relativamente brevi e la
fine dei saccheggi.
Più defilata e perdente, invece, la figura di Alvise SAGUNTINO che in
Gallipoli aveva visto il tramonto dei suoi sogni dopo la morte di
Giacomo MARCELLO , di cui era il Segretario.
Era entrato per primo a Gallipoli sorreggendo la bara del suo GENERAL
da MAR e ne usciva per ultimo, dietro la bara, con gli occhi velati di
pianto che non videro una giovane brunetta che all'incrocio di una
strittula sul muro della Purità lo chiamava per nome ripetutamente.
Alvise non si voltò, forse non udì, forse non volle….
Era la piccola e bella GALLIPOLI che salutava la grande e bella VENEZIA.
(1) Giuseppe Marzo(Pipinu )1847-1907 'De Gaddhipuli a Marte” Poema dialettale illustrato Tip. Gallipolina Gallipoli 1903
(2) Gino Pisanò , 'la BALLATA” (Alla Città di Gallipoli nel V°
centenario della sua espugnazione), pubblicata da A.de Bernart in 'La
vicenda gallipolina……”Suppl.n°86 di N.O. Anno XV, 1984
Aldo de Bernart