Il "Labirinto metrico di O. P. Macrì" edito da Congedo di Galatina, nasce
da un ritrovamento fortuito dei manoscritti di O. P. Macrì, uno storico
magliese vissuto fra la fine del 700 e i primi dell''800.
E¹ un libro a più voci, cui hanno contribuito diversi studiosi, in quanto
l¹argomento richiedeva diverse competenze per rispondere ai tanti
interrogativi che pone un manoscritto come questo, sia per la sua forma
grafica e il suo contenuto che per gli aspetti di natura simbolica,
mitologica, storica, ludica e letteraria in esso presenti.
I contributi sono
di Maurizio Nocera, che racconta come ha salvato questi documenti dalla
dispersione, Albina Calsolaro, che ha curato la biografia dell'autore,
Salvatore Tommasi, che ha tradotto il testo dal latino individuandone un
percorso di lettura, Antonio Negro, che ha spiegato l'anagramma ed ha
commento il testo nei suoi molteplici aspetti.
Il mio lavoro è stato quello
di coordinare le ricerche e di collocare questo labirinto nell¹ambito del
repertorio dei labirinti che si servono della scrittura e della calligrafia,
ponendo però attenzione non all¹approdo della ricerca ma al percorso
compiuto, al fine di consentire ulteriori letture ed interpretazioni del
manoscritto da parte di altri studiosi. Il libro è introdotto dalla dotta
prefazione di Giulia Belgioioso.
Si tratta di un artificio letterario, perché si serve dell'arte
combinatoria per costruire un testo che deve dar vita ad una figura. Una
forma espressiva questa che troverebbe oggi posto nella cosiddetta
letteratura potenziale, la cui essenza sta nel giocare con la parola
esplorandone le possibilità combinatorie.
Si può parlare insomma di un divertissement, creato dalla fervida fantasia
di un giovane ventunenne, che lo compose al termine dei suoi studi liceali
in onore del suo precettore, il sacerdote Paolino Piccinno, prima di fare
ingresso anche lui nel seminario di Otranto, dove, divenuto sacerdote,
esplicò per un certo periodo l¹attività di insegnante, attività che continuò
in seguito nel seminario di Gallipoli.
Per quel che concerne il contenuto, il testo si presenta come una visione
onirica, in cui sono rappresentate numerose figure mitologiche, che evocano
vicende nelle quali sono esse stesse coinvolte. Ci sfugge il significato
complessivo di questa visione ma è chiaro che tutto il percorso è rivolto
in direzione della immagine centrale del testo e del disegno che è Paolino
Piccinno.
Macrì può essere considerato un anticipatore degli oulipiani e degli
oplepiani, quei gruppi di intellettuali aderenti all'OULIPO (gruppo
francese) ed all'OPLEPO (gruppo italiano), letterati con la passione della
matematica e matematici con la passione della letteratura, che partendo da
rigide regole formali inventano stravaganti composizioni letterarie,
privilegiando la bellezza della struttura rispetto alla bellezza del testo.
Si servono, cioè, del gioco per costruire i propri testi, come "topi che
costruiscono da sé il labirinto da cui si propongono di uscire" secondo la
definizione di Queneau. Non a caso Macrì diverrà insegnante di trigonometria
presso i seminari di Otranto e Gallipoli.
Mi sono servito del concetto di complessità per spiegare l'oggetto della mia
riflessione sul labirinto, che è insieme immagine e luogo, situazione e
gioco, mito e simbolo.
In origine il labirinto è infatti riconosciuto come un luogo a forma di
conchiglia, ovvero una spirale, si evolve poi in luogo di culto o in luogo
vietato, in seguito diviene un modello da utilizzare per rappresentare un
percorso difficile fino ad assumere un significato figurato: metafora del
mondo e della vita.
Ho riconosciuto una equivalenza tra labirinto e complessità perché volevo
evidenziare l'esistenza di numerosi aspetti che sono in relazione fra loro
in un modo non immediatamente visibile, rendendo la costruzione misteriosa,
enigmatica.
Ribadisco complessa, non complicata o caotica, perché nella complessità gli
elementi che costituiscono una struttura non sono disposti in modo confuso
ma hanno un ordine che è però nascosto, non immediatamente visibile.
Stefano Bartezzaghi, noto studioso di giochi di parole ed enigmista, in una
recensione a questo libro apparsa su "Il Venerdì" di "Repubblica", indica
nei versi di Leporeo, citati da Giulia Belgioioso nella prefazione, il
riferimento più prossimo per questa complessa metrica. E conclude la sua
recensione con queste parole, che mi sembra opportuno riportare: il
labirinto di Macrì è "una delle possibili dimostrazioni della moda
manieristica del labirinto, applicata alla letteratura e ai giochi poetici".
Concordo con Gino Dimitri, etnologo che ha studiato in modo particolare la
trance, laddove individua nel labirinto metrico di Macrì un genere
letterario legato a vecchie concezioni culturali, se confrontato con quanto
accadeva negli ambienti accademici napoletani proiettati nella ricerca di
nuove sponde di pensiero legate all'Illuminismo. Tuttavia, dietro la
facciata di una "anacronistica marginalità", il labirinto creato
dall¹inventiva di Macrì nasconde la testimonianza vissuta di una humus
culturale ricca di conoscenze, di contenuti metodologici, di stilemi
conoscitivi, di tecniche compositive che fanno emergere, nonostante tutto,
una originalità degna d'attenzione. Infatti è ben evidente lo stacco dal
punto di vista della complessità architettonica e contenutistica rispetto ad
altri artifici letterari coevi, che sono presenti nel nostro territorio e
altrove.
Ci si può chiedere allora quanto sia attuale oggi il percorso intellettuale
di Macrì. Se è vero che il suo componimento è una esercitazione su nozioni
attinte dall¹arte combinatoria, allora si potrebbe affermare che Macrì è più
vicino all¹elaboratore elettronico di qualsiasi creativo a lui
contemporaneo, in quanto il funzionamento dei moderni computer è il frutto
della logica simbolica derivante dall'arte combinatoria. Qui sta la
modernità dell’operazione intellettuale compiuta dal Macrì.
La risonanza culturale che ha avuto il nostro libro sul Labirinto metrico
del Macrì viene testimoniata dal suo inserimento, da parte dell'Associazione
inglese "Labyrinthos", nella bibliografia mondiale degli studi sui
labirinti, nella sezione "Studi filosofici", inserita nel web. Con un
pizzico d¹orgoglio rilevo che è l¹unico testo in lingua italiana citato.
Cosimo Giannuzzi