Cari amici, senza dubbio il professor Sergio Vuskovic è un uomo di
Valparaiso. Ritiene di vivere in uno dei mondi più affascinanti della terra
e non concepisce la propria esistenza altrove. Ricordo che, durante il suo
esilio, nella vecchia e bella città di Bologna, si affacciava al balcone
della sua casa, su una strada con molto traffico, e si chiedeva: «quando
tornerò a Valparaiso?».
Eppure viveva tra i grandi monumenti della cultura occidentale; aveva vicini
i luoghi in cui hanno operato e creato i geni più importanti per la nostra
civiltà: Dante, Michelangelo, Leonardo. Il professor Vuskovic era rispettato
in una delle università più antiche ed illustri d¹Europa, era ascoltato con
rispetto, diventando uno degli uomini più apprezzati come simbolo
dell¹esilio cileno, gli italiani apprezzavano molto i suoi titoli accademici
e la sua condizione rappresentativa di chi lotta per la democrazia, di chi
riconquista l¹anima di un paese la cui storia e spirito non ammettevano una
dittatura che lo aveva obbligato ad emigrare dopo aver trascorso un periodo
tra i ghiacci dell¹isola Dawson.
Attorniato dallo splendore dell¹Italia, Vuskovic era come vedovo di
Valparaiso. Fra la rappresentazione vivente dei suoi colli, delle sue
scalinate, dei suoi ascensori, del vento del mare e del porto, che lo
accompagnavano dappertutto. Di lui si poteva dire la stessa cosa che aveva
affermato Pablo Neruda quando era anch¹egli un esiliato: «Il mio cuore ha in
Valparaiso una finestra rotta».Quando vi fece ritorno, fu come se non fosse partito mai. C¹era ancora la
dittatura, ma egli non aveva peli sulla lingua nel dire ciò che allora era
imprudente. Fu di nuovo carcerato e tale esperienza fu terribile, per lui,
ma disse che non c¹era più niente che lo potesse allontanare da Valparaiso e
solo la brutalità lo obbligò ad un altro breve ritorno [in Italia].
D¹altronde il suo amore per l'Italia faceva di Bologna un posto per lui
sicuro. Lì conobbe e affascinò il professore Maurizio Nocera e
successivamente lo invitò alla magica Valparaiso. Questi riscoprì il porto
come una vera valle del paradiso.
Vuskovic si impegnò nel seguire i passi di Neruda, il quale si era sentito
cittadino di Valparaiso ed aveva vissuto anch¹egli in Italia alcuni tra i
più bei giorni della sua vita. A Capri aveva sentito l¹ebbrezza cosmica
espressa nei suoi cento sonetti d¹amore. Neruda unì questa passione
all'amore per Valparaiso, per la sua casa denominata La Sebastiana, sul
colle Miraflores e per i suoi amici.
Quindi, tanto Vuskovic quanto Neruda erano uniti nella stessa passione per
l¹Italia e per Valparaiso, per Bologna e per Capri, per quella meraviglia
oceanica, per la gente semplice che vi abita, per il miracolo di una
bellezza intatta nonostante il tempo distruttore. Certamente Bologna e Capri
non si somigliano, i loro rispettivi scenari si trovano su differenti
latitudini, ma entrambe sono penetrate profondamente nelle sensazioni e
nello spirito dei nostri due personaggi. Entrambi, Vuskovic e Neruda, hanno
in comune un forte legame con Valparaíso che, a detta del poeta, è «una
città segreta, sinuosa, fatta di "gomitate"», e poi aggiunge: «sono nato al
centro del Cile, sono cresciuto alla frontiera, ho iniziato da Santiago, ma
poi mi va conquistando Valparaiso».
Questo libro, Neruda/ La invención de Valparaíso, è stato scritto su
proposta del professor Nocera e potremmo affermare -non è uno scherzo- che
in esso, come nel baule di un sarto, si trova di tutto. È stato tradotto e
pubblicato in Italia grazie alla cura fraterna del professor Nocera.
E,
nell¹affermare che è come il baule di un sarto, penso ai nobili elementi che
può avere un professionista del settore. Vi sono testi inediti di Neruda,
documenti del poeta sconosciuti e mai pubblicati, che lo vincolano in
maniera indimenticabile a Valparaíso.
Vi si può anche trovare, nei dettagli,
il momento in cui fu nominato, nell’ottobre del 1970, Figlio illustre di
Valparaíso. In tale occasione il poeta si era dichiarato uno scarso oratore
prima di improvvisare un discorso chiaro e meraviglioso in cui disse: «Ho
voluto essere un poeta per tutta la gente, per tutti i ranghi.
Ho voluto
essere poeta della vecchia storia del mondo, della selvaggia informalità di
ciò che è sconosciuto, della selva e dell¹oceano. Ma ho voluto anche essere
il poeta delle cose più elementari, più piccole, più abituali, più rustiche,
più disprezzate. Ho voluto essere il poeta essenziale nel suo compito di
esprimere i sentimenti nazionali. Forse per me è questo lo stimolo profondo
delle mie opere, perché una nazione è costruita non solo dalle istituzioni
fondamentali, non solo da coloro che vi lavorano intellettualmente e
manualmente, ma è costruita anche e soprattutto da uno spirito unitario, da
un sentimento di Nazione, sentimento che non è fatto solo di orgoglio, ma
dalla profonda umiltà che ci permette di riconoscere un fratello in ciascuno
di nostri compatrioti e di essere disposti a condividere con questo
fratello, ovunque egli sia, il destino comune di una patria che cerchiamo di
rendere ogni giorno più grande, più giusta, più luminosa».
In tale occasione il poeta aveva dichiarato di essere un poeta di pubblica
utilità, che aveva scritto i suoi versi senza altre pretese che quella di un
artigiano, di un falegname o di un vasaio. Aggiunse che Valparaíso è stata
per i poeti della sua generazione «una nave con tutte le sue vele spiegate,
un movimento vitale, una comunità palpitante di sussurri, pervasa dall'odore
del mare, dal canto antico dei mari, una comunità in cui risuonavano
imponderabili le nostre voci, le antiche voci degli equipaggi che sono
passati di là, le voci della gente che vi è passata per un minuto ma che ha
lasciato sospesi nell¹aria di Valparaíso una strana parola, un suono
straniero, una canzone misteriosa che apriva il suo mistero solo per noi,
assetati di sogni e di ombre».
Questo libro raccoglie, nelle sue preziose pagine, la cronaca del Comitato
di Difesa e Sviluppo di Valparaíso, di cui aveva fatto parte il poeta, e che
era stata una feconda iniziativa del sindaco Sergio Vuskovic, integrata da
tutte le forze vitali della città. Molti progetti di quel comitato sono
stati a termine ed hanno contribuito a riscattare vari luoghi di Valparaíso,
palazzi e cose storiche come quella di Lord Cocrane. Il miglioramento
dell¹Avenida Altamirano, per esempio, o il museo del mare ed altre
realizzazioni, per esempio, o il museo del mare ed altre realizzazioni sono
state portate felicemente a termine, alcune immediatamente, altre con il
passare del tempo. Neruda ha fatto parte, con grande entusiasmo, di questo
comitato, i cui grandi progetti sono stati frustrati dal golpe contro il
Presidente Allende e dall'instaurazione di una dittatura militare, una delle
cui tristi gesta è stata l'aver distrutto la casa del poeta a Santiago,
proprio nei giorni in cui egli stava agonizzando in una clinica vicina.
Penso che il sostanzioso materiale di questo libro possa apportare delle
conoscenze che nemmeno i più scrupolosi storiografi e studiosi di Neruda e
di Valparaiso hanno registrato. Particolarmente nuovi sono il bellissimo
Canto per Neruda, di Maurizio Nocera, le pagine di Neruda su La costruzione
della città, la cronaca di Sara Vial su La Sebastiana, da lei definita come
«una spada di pietra nel cuore alato di Valparaiso, i ricordi del dottor
Francisco Velasco sul suo amico, con il quale ha condiviso la casa decorata
ed arricchita dai bellissimi mosaici di pietre marine di Maria Martner, il
ritratto di Matilde Urrutia, fatto da Virginia Vidal, le peripezie della
campagna di candidatura del poeta alla presidenza della Repubblica, il cui
successo di popolo lo aveva portato a chiedere a Sergio, che era il capo del
suo commando porteño: «Cosa può succedere se vengo eletto Presidente?».
Il libro comprende anche una graditissima stampa sugli inglesi a Valparaiso
e su alcuni inediti nerudiani.
Riteniamo che Neruda/ La invención de Valparaíso costituisca un buon apporto
alla celebrazione del centenario del poeta. Questo centenario è diventato un
avvenimento mondiale, perché ha riunito milioni di persone intorno alla
poesia di un poeta che è nato nell¹estremo sud del mondo. È prodigioso che
gli omaggi alla poesia nerudiana riscuotano lo stesso successo anche negli
Stati Uniti, in Germania, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, in
Argentina, in Ecuador, in Messico. È evidente che Neruda parla la lingua di
tutti i popoli e che, essendo un poeta assolutamente nazionale, lo è anche
di tutto l'universo.
Qual è la magia di questa poesia che è stata tradotta persino in russo, in
cinese, in giapponese ed in esperanto? Neruda è il poeta della gioia di
vivere, dell'amore umano. Neruda ha abbattuto tutte le torri d'avorio e ha
sfatato tutte le tematiche che sembravano tabù nella poesia. Ha trasformato
tutti gli esseri umani nei protagonisti delle sue poesie. Per lui la terra
si chiama Juan, e questo Juan non è un ente astratto né simbolico, bensì il
lavoratore che rende possibile la nostra esistenza, gli operai dei cantieri,
i minatori, i lavoratori del mare, i panettieri, i ferrovieri, i salariati
di tutti i mestieri. E questi uomini non sono un popolo ornamentale, ma
coloro i quali, secondo il Vangelo, hanno fame e sete di giustizia. Per
questo il poeta ha percorso nella vita una via politica affinché la
giustizia sulla terra non fosse una parola vuota. Certamente milioni di
persone possono non essere d¹accordo con gli ideali politici che il poeta ha
trasformato in uno dei motori della sua attività da cittadino. Ma ciò non ha
troppa importanza, in quanto ogni uomo umanista concorda sulla necessità che
utopie si trasformino in azione e diventino politica concreta. La politica è
anch¹essa un argomento di poesia, fatto più che dimostrato da Dante e, molto
prima di lui, dai Greci, dai Romani e dagli Arabi.
Neruda ha scoperto la bellezza di tutte le cose, di tutti i frutti della
terra, delle materie di cui ci nutriamo e senza le quali non potremmo
mantenere vivi i nostri corpi. Neruda ha cantato la maestà della
Cordigliera, dei vulcani, dei fiumi, del mare; ma egli è stato, soprattutto,
poeta dell'amore umano, dell¹attrazione fisica e spirituale, dell'incanto
del gioco, a volte crudele, dell¹amore che rende bello persino l'essere più
insignificante. È stato inoltre un lucido testimone dei suoi tempi. Nella
sua poesia ci sono tutti i grandi avvenimenti del XX secolo, e gli
avvenimenti di cui egli è stato protagonista e davanti ai quali non è mai
rimasto neutrale o indifferente. Tutto ciò spiega perché è il più universale
dei cileni e perché, anche se si riconosce come un uomo del Cile, paese in
cui sarebbe tornato a nascere e a morire altre mille volte, il suo
linguaggio è compreso da tutto il pianeta.
Una volta disse: «Io non posso
senza la vita vivere, senza l¹uomo essere uomo». Proprio qui risiede la
chiave del suo messaggio essenziale. Quando rifletteva sulla morte diceva:
«Jo non voj a morirne, voj a vivirne» [è difficile trarre il senso esatto da
questa espressione tradotta letteralmente, ma il significato potrebbe essere
questo: Io non morirò, ma ho vissuto la mia vita].
Ed è stato proprio così.
Nei giorni più neri della nostra storia, quando era soltanto un uomo sepolto
in una nicchia del cimitero pubblico, Neruda è sempre stato una bandiera, un
uomo caro a molti, anche a quelli che non avevano mai letto le sue poesie.
Così si è avverato il suo desiderio di essere un poeta di pubblica utilità.
È passato un secolo dalla sua nascita a Parral, ma egli non è un vecchio
assente dai nostri cuori. Il suo nome e la sua poesia sono vivi e per noi
egli sarà sempre un insigne ed attivo movimento della nostra cultura e dei
nostri aneliti d'amore per rendere migliore e più giusta la vita sulla
terra.
* Alberto Luis Mansilla è stato amico personale di Pablo Neruda. In
occasione del Centenario della nascita, il 12 luglio 2004, ha pubblicato a
Santiago del Cile, un nuova biografia del poeta con molti inediti e nuove
immagini. Questa qui riprodotta è la Relazione introduttiva alla Conferenza
di presentazione del libro di Sergio Vuskovic Rojo, Neruda/ La invención de
Valparaíso, tenuta il 14 luglio 2004 nella Sala di rappresentanza della
Dogana di Valparaiso.
Alberto Luis Mansilla